Caserta. Francesco Cavallo ha 25 anni, è di Caserta e di mestiere fa l’attore. Ha frequentato il Centro Sperimentale Cinematografico di Roma. Al suo attivo ha diverse interpretazioni: nel 2020, nel ruolo di Gianni Guido, coprotagonista, nel film “La Scuola Cattolica”, per la regia di Stefano Mordini, presentato nel 2021 al Festival del Cinema di Venezia; sempre nel 2020, nel ruolo di protagonista, Sebastiano, nel film per Netflix: “Mio Fratello, Mia Sorella”, per la regia di Roberto Capucci; nel 2021 ha interpretato Alfredo, coprotagonista, nella fiction televisiva su Rai 1 “Vincenzo Malinconico, avvocato d’insuccesso”, per la regia di Alessandro Angelini.
Francesco, in quale personaggio si riconosce maggiormente, cosa le è piaciuto di più e cosa di meno dei ruoli che ha interpretato.
In ogni ruolo cerco di mettere una parte di me, sono convinto che il mestiere dell’attore è, prima dell’abilità tecnica, un mestiere che permette di esprimersi: in Sebastiano di “Mio fratello, mia sorella” ho esplorato un lato indifeso e fragile, un disagio fortissimo che serviva a quel personaggio per renderlo credibile, reale. In questo mi ha sicuramente dato un grande aiuto il mio regista, Capucci, perché mi ha dato la possibilità di visitare una clinica dov’è c’erano pazienti che soffrivano davvero di questo disagio. E mentre li osservavo cresceva in me il senso di responsabilità di dovere restituire il vero, un’impresa difficilissima dato il personaggio.
In Gianni Guido, invece, ho dovuto aprire un ‘cassetto’, così mi piace chiamarlo, quello della violenza come mezzo di comunicazione e affermazione tipico del ragazzo adolescenziale. Ritrovare quella spietatezza, che è in ognuno di noi, è stato un lavoro lungo e sorprendente. Difficile spiegare cosa si prova quando ti trovi a rappresentare un personaggio che ha davvero compiuto certi gesti con una leggerezza agghiacciante e che è passato alla storia per questo. Se la ricordavano tutti la faccia di Guido, quella fotografia storica che girava per tutti i notiziari italiani degli anni ‘70 e a venire. Quella foto è stato il mio primo approccio al personaggio, quello sguardo “strafottente” l’ho ricercato durante tutte le riprese, avevo quella foto con me tutti i giorni sul set, la riguardavo sempre prima dell’azione.
Con Alfredo, invece, il lavoro grande che ho fatto è stato quello di lavorare su un registro comico, in questo Massimiliano Gallo è stato ‘una mano dal cielo’, un mattatore per eccellenza che mi ha fatto capire come si fa davvero la commedia. Capitava che ci divertivamo così tanto mentre giravamo le scene che scoppiavamo a ridere e il regista era costretto a chiamare lo stop. È stata una bellissima esperienza che spero possa continuare in una seconda stagione, chissà!.
Al cinema è arrivato dopo una lunga esperienza teatrale in una compagnia casertana, La Mansarda Teatro dell’Orco, che sicuramente l’ha formato. Pensa di continuare anche sul palcoscenico o preferisce il set?
L’esperienza teatrale era puro divertimento, perché non c’erano le aspettative tipiche di quando una passione si trasforma in lavoro. Per questo mi sento di dire che ‘La Mansarda’, compagnia teatrale d’eccellenza e fieramente casertana, mi ha regalato un’occasione fantastica, quella di esplorare sempre ruoli diversi, a partire dalla maschera di Pulcinella nella commedia dell’arte fino a Brecht. Non ci ho mai pensato alla distinzione che spesso si fa tra cinema e teatro, io sono un attore, il mio mestiere è recitare, poco importa il luogo fisico dove questo viene fatto, a me interessa mettere a frutto questa passione.
Com’è nata questa sua passione?
Io non ci pensavo minimamente alla recitazione, avevo sei anni e tutto quello che volevo fare era sport, qualsiasi tipo, basta che ci fosse adrenalina, ero un bambino molto attivo, il teatro mi sembrava noioso. Mia madre Sabrina, occhio lungo, mi tese una sfida, mi disse che avrei potuto fare sport quante volte volevo alla settimana solo se avessi accettato di fare una lezione di prova alla ‘Mansarda’. E così fu, da quel momento, è scattato il colpo di fulmine. Tutta l’eccitazione che mi provocava una sfida di corpo libero, il palcoscenico la triplicava. Ed è ancora così, grazie mamma.
Da grande vorrei essere come … qual è l’attore che prende come riferimento? Ha un sogno nel cassetto?
Ho tanti riferimenti, Marcello Mastroianni, Robert Pattinson, Isabel Huppert, Matthew McConaughey, ma non sogno di essere uguale a nessuno di loro. Penso che fare l’attore sia, in fin dei conti, raccontare delle storie, e ciascun attore dovrebbe ricercare il suo, che viene dal proprio vissuto personale. Solo così, credo, si possa creare qualcosa di unico e non ripetibile.