Vittime delle mafie non riconosciute, Arturo Della Corte: “Non siamo di serie B”

Casal di Principe. Arturo Della Corte, fratello di Adriano Della Corte ucciso per errore nel 1998 dal clan dei Casalesi, si è espresso così in merito alla visita del Capo di Stato a Casal di Principe: “la visita di Mattarella poteva essere l’occasione per parlare delle vittime innocenti della criminalità che lo Stato non ha ancora riconosciuto. Ed invece un’altra occasione è stata sprecata. Eppure, mio fratello non è una vittima di serie B”.

Adriano Della Corte è stato ucciso per errore dal clan dei Casalesi mentre era in auto sulla statale Domiziana a Castel Volturno, perché fu scambiato per il vero bersaglio dei killer Casalesi. Insieme ad Adriano era presente anche il nipote di don Peppe Diana, che rimase soltanto ferito. Il fratello della vittima, Arturo, in passato fece uno sciopero della fame davanti al Ministero dell’Interno. Aveva il desiderio di essere presente anch’esso all’Istituto Tecnico Guido Carli, dove Mattarella ha pubblicamente parlato davanti ai parenti di altre vittime della mafia riconosciute dallo Stato, come Domenico Noviello, Federico Del Prete, Salvatore Nuvoletta, e i familiari di Antonio Di Bona e Antonio Petito.

Sono altre le vittime non riconosciute dallo Stato, oltre ad Adriano Della Corte, come Genovese Pagliuca, ucciso nel 1995 per difendere la fidanzata che si era invaghita del boss dei casalesi, Francesco Bidognetti, Pasquale Pagano e Paolo Coviello, entrambi uccisi per errore nel 92’, i quali parenti manifestano rammarico per essere stati considerati “esclusi”.

“Siamo dovuti andare a Milano per commemorare i nostri morti mentre avremmo voluto farlo nella nostra Casal di Principe, insieme ai familiari di don Peppe Diana”, così si è espressa Rossana Pagano, figlia di Pasquale.

Per Giovanna Pagliuca, sorella di Genovese, “le vittime sono tutte uguali”.

Dalla prefettura di Caserta fanno sapere che sono state rappresentate le vittime che hanno concluso un percorso di riconoscimento nel quadro della normativa attuale, e che non c’è stato alcun intento discriminatorio.

Il non riconoscimento da parte dello Stato dipende da una legge del 1990, la quale sostiene che la vittima deve possedere dei requisiti dai quali emerge la totale estraneità ai contesti criminali, e ciò pur in presenza di sentenze giudiziarie definitive di condanna che accertano la vittima estranea alle circostanze del clan.

Così, nel caso di Generoso Pagliuca, nonostante le sentenze condannassero i killer e l’accertamento che il ragazzo non avesse nulla a che fare con la camorra, il Viminale ha rigettato la domanda di riconoscimento della Status di vittima innocente, che avrebbe dato diritto a vitalizi per i familiari rimasti, a causa di una frequentazione di amicizia con un affiliato al clan.

Per Pagano e Coviello, il mancato riconoscimento è dipeso da un’affinità entro il quarto grado di Coviello; per Della Corte, invece, dalla tardività nel presentare la domanda al Ministero, anche se sull’omicidio non è mai stata emessa alcuna sentenza né una nuova indagine, in quanto la prima fu archiviata negli anni 90, basata sulle dichiarazioni del pentito Carmine Schiavone e più volte sollecitata dai familiari e dal loro legale, Giovanni Zara.

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