Casal di Principe. Un focus internazionale su come l’UE possa recepire il modello d’uso sociale dei beni confiscati, che in questi anni è stato sviluppato su Le terre di don Peppe Diana, nel Casertano.
Ne hanno parlato oggi a Casal di Principe, nel bene confiscato gestito dal Comitato don Peppe Diana, ricercatori universitari, magistrati, esperti e dirigenti della pubblica amministrazione, che hanno analizzato le buone pratiche di uso del patrimonio confiscato, cresciute dal martirio del sacerdote ucciso dalla camorra, evidenziando le criticità presenti nella filiera di recupero delle ricchezze mafiose, che partono dalle procedure di sequestro dei magistrati.
In particolare, si sono affrontate i problemi delle aziende confiscate e delle anomalie nella gestione da parte degli amministratori giudiziari, che spesso portano al fallimento molte imprese che potrebbero dare occasioni di lavoro per giovani su territori a rischio.
“L’economia sociale come antidoto all’economia criminale e il riuso sociale e istituzionale dei beni e delle aziende confiscate”, questo il titolo del convegno, che ha previsto tre sessioni: la prima su “La gestione dei beni immobili confiscati”, moderata dal professore Alberto De Chiara dell’Università Luigi Vanvitelli, la seconda dal titolo “La gestione delle aziende confiscate”, moderata dal professore Michele Mosca dell’Università Federico II, e la terza sessione su le “Buone pratiche e criticità nella gestione delle aziende confiscate”, moderata dal docente Antonio Pagliano dell’Università Luigi Vanvitelli.
Il convegno internazionale è inserito nell’ambito del progetto europeo RINSE (Research and INformation Sharing on freezing and confiscation orders in European Union) che ha lo scopo di analizzare la recente legislazione europea con riferimento al mutuo riconoscimento dei provvedimenti di sequestro e confisca all’interno dell’Unione Europea, alle relative implicazioni, nonché alle criticità della prassi applicativa.
Il progetto, della durata di trenta mesi e coordinato da Andreana Esposito, docente dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, coinvolge quattro Stati europei, cioè Italia, Grecia, Belgio e Francia; i partner internazionali del progetto sono: European Public Law Organization (Eplo), G.R.A.L.E. srl, Institut de formation judiciaire (IGO-IFJ) Crim’Halt e Université Toulouse-II-Jean-Jaures. Il Comitato don Peppe Diana è partner di supporto del progetto e mette a disposizione anche le conoscenze accumulate nel corso degli anni sul fronte delle azioni di promozione di una economia alternativa a quella delle mafie.
“Tra gli obiettivi del progetto – dice il professore Michele Mosca – c’è quello di ricercare, raccogliere e comparare i dati forniti dai singoli Paesi coinvolti nel progetto, al fine di analizzare e valutare le principali misure e pratiche di attuazione a livello nazionale del Regolamento (UE) 2018/1805 e direttiva UE 2014/42, evidenziando i punti deboli, le migliori pratiche e gli studi di casi utili. Inoltre verrà predisposto un sondaggio online a livello europeo, allo scopo di far emergere le esigenze di formazione in relazione alle due disposizioni legislative dell’UE”.
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