Caserta. Io Capitano è il nuovo film del regista Matteo Garrone, in concorso al Festival del Cinema di Venezia 80. Un film che mostra i pericoli che i migranti vivono a bordo dei barconi per raggiungere l’Europa e con essa la speranza di una vita nuova. Un film che racconta la situazione attuale delle ingiustizie che i migranti subiscono sulla propria pelle. Tra le storie vere a cui si è ispirato Garrone c’è quella di Kouassi Pli Adama Mamadou, attivista del Centro sociale ex Canapificio e del Movimento migranti e rifugiati di Caserta, una storia difficile, ma anche una storia di riscatto.
Mamadou ha dato un importante contribuito alla sceneggiatura del film e durante la conferenza stampa a Venezia80 ha ricordato le difficoltà del viaggio, quando di fronte alla disperazione non si hanno più alternative e si è disposti a partire verso un viaggio in cui non si se si resta in vita. Chi sopravvive e arriva in Italia inizia il il tortuoso e difficile percorso per ottenere un permesso di soggiorno e poter vivere una vita dignitosa. In questi tempi difficili, dove le attuali leggi sull’immigrazione sono sempre più restrittive l’appello è alle Istituzioni “affinché si attivino i canali di ingresso regolari“.
Kouassi Pli Adama Mamadou oggi vive a Caserta, ha due figli e come mediatore culturale si impegna in prima linea con il centro sociale ex Canapificio e con il movimento Migranti e rifugiati, che da oltre vent’anni si batte per il riconoscimento dei diritti dei più deboli, per la lotta al permesso di soggiorno, contro lo sfruttamento lavorativo.
Il film, come ha specificato Garrone, “nasce dall’intreccio dei racconti di ragazzi che hanno vissuto l’esperienza del viaggio attraverso l’Africa e verso l’Europa. Le loro storie, oggi, costituiscono forse l’unico racconto epico contemporaneo possibile”.