Mondragone. Ci ha lasciati Antonio Taglialatela. In questo momento siamo sopraffatti dallo sconforto e dall’emozione che, inevitabilmente, afferra chiunque abbia conosciuto Tatonno, come amichevolmente lo chiamavamo. Viene da pensare all’ingiustizia della morte che con Tatonno ci priva di una straordinaria vita fatta di passioni, di amore, di impegno, di solidarietà, di generosità, d’altruismo, di memoria, di consapevolezza e di coraggio. Siamo avvolti nella più cupa tristezza perché con Tatonno una parte bella della vita di tanti di noi se ne va per sempre.
Il nostro primo pensiero va al dolore della moglie, dei figli, della sorella, dei nipoti e di tutti i suoi familiari, che Tatonno ha amato intensamente e per i quali ha avuto cura senza alcun risparmio.
E’ stato scritto che d’immortale l’uomo ha soltanto questo: “il ricordo che porta e il ricordo che lascia”. Quando una persona non c’è più – e ci manca così tanto – all’incolmabile vuoto dell’assenza possiamo solo provare ad opporre l’esperienza del ricordo, che ci dà conforto perché prolunga il contatto e rinnova il nostro legame con la persona amata, benché materialmente assente. Ricordo, dal latino re-cordor, significa “richiamare al cuore”, un termine attinente più al registro del sentimento che a quello della ragione. Ricordo che non è memoria, perché diversamente da quest’ultima mette in moto la nostra parte affettiva, emozionale, individuale, ci riporta alla persona che non c’è più non solo con la mente, ma anche con il sentimento, riproducendo l’assenza come presenza, come se il grande compagno di viaggio che è stato per noi, sia ancora qui.
Non sappiamo se siamo titolati a ricordarlo e se siamo “all’altezza” per farlo, ma ci proviamo. Proviamo a “richiamarlo al nostro cuore”.
Qual è il ricordo di Tatonno che porteremo sempre con noi?
E’ il ricordo di un uomo buono, coraggioso, generoso, serio, con la testa sulle spalle (altro che Svitato o Sbitato), sempre presente e dalle molte vite, tutte vissute con profondità e leggerezza, con rigore e immaginazione, con semplicità e sofisticatezza. E’ il ricordo di uno straordinario lavoratore che ha fatto la fortuna dell’azienda per la quale ha lavorato per oltre 40 anni e con la quale si è totalmente immedesimato, al punto tale che non di rado lo si chiamava col nome dell’azienda.
E’ il ricordo di un giocatore di calcio piacevole da vedere, corretto ed elegante, impegnato con la sua Sant’Angiolese negli indimenticabili anni dei tornei di quartiere. E’ il ricordo di un uomo di sport, di un acceso tifoso di calcio, competente, ma mai fazioso.
Il ricordo di Tatonno è quello di un instancabile animatore sociale, che è riuscito a fare della sua Associazione Quartiere di Sant’Angelo una “buona pratica”, un concreto modello di partecipazione attiva, di impegno civile e di cura del territorio, che in tanti hanno cercato di emulare. E’ il ricordo dell’inventore della “mitica” Fagiolata, che per quattro decenni e senza mai risparmiarsi Tatonno ha organizzato con la sua Associazione lungo le vie e nei portoni del suo Quartiere di sant’Angelo, dal quale in fondo non era mai andato via. Fagiolata che aveva cercato di recente di rilanciare, proponendo la sua trasformazione in un Festival Nazionale (o Festa) della Cucina Povera. Un progetto che per ora non ha riscosso l’attenzione dovuta, ma che nelle intenzioni di Tatonno rappresenta uno straordinario volano non solo per il più antico rione della città ma per tutta Mondragone.
Ma Tatonno è stato per tanti di noi anche un “archivista” straordinario (di foto, video, articoli, documenti…), perché -come amava sottolineare- la memoria va difesa, alimentata e passata a quelli più giovani come il testimone di una staffetta. Ed è stato anche un costante “comunicatore” (come scordarsi della sua “rassegna stampa” che per un lungo periodo inviava quotidianamente a centinaia di amiche ed amici, spesso accompagnata da una colonna sonora accuratamente selezionata, con qualche preferenza verso le canzoni degli amati Nomadi), perché – per lui – cittadini si può essere solo se correttamente informati.
Nel ricordo di Tatonno ci mancheranno i suoi silenzi (aveva il raro dono di saper ascoltare), le lunghe chiacchierate sui temi più disparati (dal calcio alla politica, dalla musica ai problemi di vita), le passeggiate fatte con lui in lungo e in largo per la città (vederlo, uscendo di casa, che s’intratteneva per strada o all’angolo di un bar con qualche amico- e di amici ne aveva tantissimi- ti aiutava a non sentirti spaesato), le analisi e i commenti su ciò che accadeva o non accadeva mai, i caffè sorseggiati in sua compagnia e le sue telefonate con l’urgenza di renderti partecipe di qualche idea per il quartiere o per la città, da cercare di mettere in piedi quanto prima. Ci mancherà la sua grande lealtà, riconosciuta anche da coloro che non condividevano le sue scelte, le sue battaglie e le sue prese di posizione.
Tatonno lo ricorderemo come un cittadino cha dava significato e valore alla propria cittadinanza, che per lui non poteva che essere esercitata attivamente. Un esercizio di cittadinanza che lo portava a farsi carico di “cause apparentemente perse”, ma che toccavano invece nel profondo diritti e bisogni. Un’azione civica costante -spesso “in direzione ostinata e contraria”- che non disdegnava di segnalare con garbo, ma anche con fermezza, tutto ciò che non funzionava in città e nei servizi pubblici, di avanzare critiche costruttive e di proporre soluzioni alternative. Anche a costo di passare a volte per petulante. Ma Tatonno all’occorrenza si “rimboccava le maniche” senza pensarci due volte e passava- in men che non si dica- dal dire al fare. “Le chiacchiere stanno a zero”, amava spesso ripetere, perché per lui l’adagio “si è ciò che si fa” non era soltanto un modo di dire. E col passare del tempo era sempre meno propenso al conflitto inutile e al chiacchiericcio, sempre più infastidito dal politichese e sempre più lontano da chi si attardava – crogiolandosi – in inutili, aride e spesso strumentali contrapposizioni.
Il ricordo di Tatonno è quello di un politico, per due volte Consigliere comunale, che aveva scelto di stare seduto “dalla parte del torto”, con i Verdi del Sole che Ride, quando avrebbe potuto sedere comodamente “in tutti gli altri posti”. Tatonno aveva fatto la scelta ambientalista, un’opzione pionieristica e – allora come oggi – minoritaria, per convinzione profonda e per adesione ideale. Una scelta politica che ha onorato nel tempo con impegno, competenza, coerenza e lealtà ed anche con grande autonomia. Un’autonomia che lo aveva portato, per esempio, a prendere le distanze da qualche recente iniziativa politica locale di alcuni di noi che -col senno di poi- si è rivelata profondamente sbagliata (aveva avuto ragione lui!).
L’intensa vita pubblica di Tatonno nell’associazionismo, nel volontariato, nello sport e nella politica è un invito ad essere cittadini, a partecipare, ad esercitare la cittadinanza, a scegliere da che parte stare, non per convenienza ma per convinzione. E’ il suo testamento, il suo lascito. Un invito a scegliere, rivolto innanzitutto “a chi esita”, direbbe Brecht, che così ha intitolato una delle sue più belle poesie. Un invito a trovare risposte, soprattutto in tempi così “sbandati” come quelli che viviamo, senza attendere che sia qualcun altro a dirci cosa fare o da quale parte schierarci. Una poesia che evoca così bene lo spirito civico di Tatonno da spingere noi, i 4 gatti dell’Associazione Mondragone Bene Comune, che Tatonno frequentava affettuosamente ma anche criticamente, a ricordarne i versi:
A chi esita (in Poesie di Svendborg, 1937) Dici:
per noi va male. Il buio cresce. Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni noi siamo ora in una condizione più difficile di quando
si era appena cominciato.
E il nemico ci sta innanzi più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso una apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori, non si può negarlo.
Siamo sempre di meno. Le nostre parole d’ordine sono confuse. Una parte delle nostre parole
le ha stravolte il nemico fino a renderle irriconoscibili.
Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto? Su chi contiamo ancora?
Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente? Resteremo indietro, senza comprendere più nessuno e da nessuno compresi?
O contare sulla buona sorte?
Questo tu chiedi. Non aspettarti nessuna risposta
oltre la tua.