Caserta. “Il Comune di Caserta abbandoni al più presto ogni remora e concluda in tempi celeri la procedura di assegnazione del Progetto S.A.I., vista l’attuale situazione dei flussi migratori“. La Caritas Diocesana di Caserta, che in questo periodo di arrivi continui di migranti ospita già sedici richiedenti asilo sopravvissuti al viaggio e sbarcati a Lampedusa ed è oberata di richieste di ospitalità, rompe gli indugi e chiede al Comune di Caserta di definire l’iter per l’assegnazione del progetto Sai, che riguarda circa 200 migranti, ma la cui procedura, dopo la pubblicazione del bando e l’arrivo delle manifestazioni di interesse da parte di diverse associazioni, è ferma.
La Caritas (Direttore Don Antimo Vigliotta) invita anche “la Prefettura a vigilare sui tempi e le modalità in cui questo avverrà, affinché i richiedenti asilo e rifugiati destinati al nostro territorio possano ricevere la migliore accoglienza possibile“; il precedente progetto Sai, quello del triennio 2020-2022, è stato sospeso ad inizio anno dal Ministero dell’interno su richiesta del Comune di Caserta dopo che erano emerse gravi problematiche in relazione agli appartamenti in cui erano ospitati i quasi 100 migranti, con questi ultimi che non hanno ricevuto per mesi vitto e il pocket money; alla fine alcuni migranti sono stati trasferiti in Sai di altre province italiane, ma molti sono poi tornati a Caserta uscendo dal circuito Sai, mentre altri migranti sono rimasti negli appartamenti a Caserta sperando di essere ripresi proprio nel nuovo progetto Sai bandito dal Comune, e attualmente fermo.
Nella nota la Caritas si dice disponibile “a dare il nostro contributo alle istituzioni, come anche però a richiamare eventuali ritardi o inadempienze. La città di Caserta da quasi vent’anni vanta un progetto di accoglienza ambizioso (prima chiamato S.P.R.A.R., oggi chiamato S.A.I.), che al momento conta la possibilità di accoglienza per ben 200 beneficiari. Un’accoglienza che in passato ha dimostrato che si possono avviare percorsi d’inclusione eccellenti, con tirocini, corsi professionali, iniziative di cittadinanza attiva, ma che oggi sembra arenato in lungaggini burocratiche incomprensibili a tutto il terzo settore, e alla cittadinanza stessa. La prima parola che le istituzioni dovrebbero depennare è proprio la parola “proroga”, perché di fronte alla sofferenza, il tempismo è fondamentale.
Non accettiamo più – aggiunge poi la nota – il concetto di ‘emergenza sbarchi’ e chiaramente tutto lo sciacallaggio mediatico e politico che lo circonda. Se qualcosa avviene ciclicamente, appunto da oltre vent’anni, è evidente che non siamo affatto di fronte ad una emergenza, ma di fronte a un problema gestito male, se non addirittura talvolta gestito volutamente, male“.
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