Santa Maria Capua Vetere. Sono 927 i detenuti attualmente presenti al carcere di Santa Maria Capua Vetere su un capienza prevista di 717; 335 invece gli agenti penitenziari in servizio, su un pianta organica che ne prevedrebbe 470. Va peggio per gli educatori: in organico dovrebbero essercene 13, ma a supportare i detenuti nel loro percorso di riabilitazione sono sei più la funzionaria responsabile.
A fornire le cifre aggiornate del “disastro” che si vive quotidianamente nel carcere casertano, è la presidente dell’associazione Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini, che ieri, con il garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello e un gruppo di avvocati, ha visitato la struttura dove quattro anni fa, era il sei aprile 2020, si consumò uno degli episodi più violenti avvenuti dietro le sbarre, il maxi pestaggio di decine di detenuti del reparto Nilo ad opera degli agenti penitenziari. Una “ferita mai sanata”, perché l’occasione di rilanciare l’istituto dopo quella brutta pagina – vennero in visita in quella circostanza al carcere anche il premier Mario Draghi e l’allora Guardasigilli Marta Cartabia – è andata persa.
“E oggi – dice Rita Bernardini – questo carcere soffre in tutti i suoi settori, e le tre donne che ne sono ai vertici, ovvero il Direttore, il capo della Penitenziaria e la capoarea degli educatori (rispettivamente Donatella Rotunno, Linda De Maio e Giovanna Tesoro, ndr), non ce la fanno, nonostante tanto tangibile impegno, così come gli agenti sono in difficoltà e costretti a fare straordinari per mancanza di ricambi. Al carcere di Santa Maria Capua Vetere è ormai impossibile garantire l’esecuzione dignitosa della pena, come prescrive l’articolo 27 della Costituzione. La sanità interna è quasi assente, come dimostra la morte del 46enne Baldascino, gli educatori sono pochissimi, manca un psicologo, e sono ben 18 i detenuti nel reparto di salute mentale; in due attendono da tempo di essere spostati in strutture fuori al carcere, gli altri sono lì, abbandonati a sé stessi. Quando abbiamo fatto loro visita, un detenuto giovane si è attaccato alla porta perché non voleva ce ne andassimo“.
La Bernardini annuncia che dal 23 gennaio inizierà “con Roberto Giachetti uno sciopero della fame rivolto al premier Meloni e al ministro della Giustizia Nordio per alzare l’attenzione sul sovraffollamento delle carceri“.
Alla visita di ieri, il garante Ciambriello ha portato alcuni delegati al Reparto Volturno, dove il 3 gennaio ci sono stati disordini. “Il detenuto che ha dato inizio alla protesta per il permesso non concesso – denuncia Ciambriello – è ancora a Santa Maria, mentre gli altri che erano con lui sono stati trasferiti. E’ irragionevole”.