Usura e seduzione, le donne senza volto vittime dei vampiri

Con Usura nessuno ha una solida casa di pietra squadrata e liscia per istoriarne la facciata, con usura non v’è chiesa con affreschi di paradiso”. Sono le iconiche parole di un grande poeta e pensatore del Novecento, Ezra Pound, contenute in una superlativa opera letteraria intitolata “Cantos”.

L’illuminato letterato e professore americano rifugiatosi in Italia nel ventennio fascista impresse profili e connotazioni più ampi e attuali al concetto di usura consentendone evidenti riscontri empirici negli scenari capitalistici prima e in quelli recentemente “globalizzati”, ovvero omologati, poi. I

n una società come quella attuale che solo per eufemismo definiremmo “moderna” la guerra è lo strumento d’elezione per riscuotere crediti, creare nuovi debiti, nuovi debitori e, al contempo massimizzare utili, rendite e profitti degli stessi usurai. Poco importa se fra questi ultimi figurino grandi istituzioni bancarie, intermediari finanziari, soggetti religiosi o policy makers di organismi statali asserviti al potere economico: l’importante è assoggettare e sottomettere incondizionatamente coloro che vivono del proprio lavoro.

Meglio ancora se la sottomissione dell’uomo comune dovesse concretizzarsi attraverso la privazione del lavoro stesso o la rimozione delle condizioni utili alla sua attivazione: un uomo senza lavoro è più agevolmente condizionabile, specie se si nutre di tv e bivacca sui social.

Sulla base delle predette premesse, è facile verificare che molti soprusi assimilabili ai reati di usura vengano silenziosamente perpetrati ai danni di donne inermi, silenziate dalla vergogna di rivelarsi pubblicamente. Purtroppo non è agevole censire siffatte tipologie di oltraggi ai danni del sesso femminile in quanto istituzioni e ordinamento riescono già a malapena a monitorare i reati di estorsione ed usura ai danni di donne commercianti ed imprenditrici.

Tra le mura domestiche, invece, si consumano dei veri e propri drammi che coinvolgono donne più o meno mature con matrimoni instabili o relazioni fallite alle spalle, in cerca di affetto, comprensione e compagnia. Non di rado le malcapitate si lasciano sedurre da parassiti senza dignità e voraci speculatori che intravedono nell’ingenuità dell’altrui sentimento una ghiotta occasione per praticare l’usura e battere cassa. La compagnia, come pure l’affetto, il sesso e la solidarietà concessi solo apparentemente in maniera disinteressata divengono perciò un incentivo per spillare somme di denaro che vanno da cento a diverse decine di migliaia di euro.

È pacifico, poi che chi è sentimentalmente coinvolto non scorga, almeno per un considerevole lasso di tempo, le insidie che si celano dietro un sentimento solo presuntamente corrisposto, lasciandosi benevolmente persuadere dal partner malintenzionato a sottoscrivere avalli e fideiussioni su mutui e prestiti di notevoli importi.

Solitamente i marpioni che architettano con dovizia di particolari e perizia usuraria i loro piani diabolici ai danni delle loro prede sono ingannatori incalliti ed egoici, narcisisti schizofrenici e megalomani ludopatici che vivono ai margini della società, di espedienti e retorica sofista. Più spesso si tratta di residuati manicomiali che delirano fantomatiche inclinazioni intellettuali, persuasi di essere creditori del mondo intero per volontà divina.

Solitamente sono scaltri commercianti di “sangue” che vendono la propria parentela e la loro artefatta simpatia al migliore offerente, “accontentandosi” anche di cinquanta euro: opportunisti cronici che scendono quotidianamente a patti con lo specchio per lusingare a qualunque costo il proprio autocompiacimento. Si riconoscono dall’accanimento tedioso e specioso con il quale sui social teorizzano il sentimento dell’amore del quale sono assolutamente privi, avvalendosi non di rado di argomentazioni trite e ritrite e luoghi comuni.

Oltre i noti significati del termine “usura” afferenti all’anatocismo bancario, se ne affiancano altri che attengono, dunque, al valore di una misura, la “moneta”, attribuito in maniera assolutamente arbitraria dal soggetto che “crea la moneta” stessa. Trasferendo il predetto concetto economico (quasi sempre omesso in tutto o in buona parte dai testi di macroeconomia per l’ imbarazzo che implicherebbe) sul piano etico morale dell’argomento in oggetto, la “moneta” diventa il surrogato del corteggiamento e delle finte premure che l’adescatore dona alla sua vittima ignara.

Ma l’economia c’entra in ogni caso perché le conseguenze delle succitate finzioni sono sempre di natura finanziaria. Basta, difatti, una firma apposta con troppo amore e leggerezza per trasformare la propria esistenza in un vero e proprio inferno. Il debito che una donna innamorata si accolla concedendo una garanzia su un prestito contratto dal suo partner occhiuto genera interessi passivi e sottrae quotidianamente mezzi di sostentamento a sé ed i propri familiari. E già, perché non c’è mai la certezza effettiva che il debito contratto dal dongiovanni di turno venga estinto ed onorato, anche solo parzialmente.

Altre volte la messinscena sentimentale posta in essere dal seduttore è finalizzata a raccattare qualche spicciolo o i proventi della vendita di monili preziosi esplicitamente espropriati alla propria innamorata. Se inizialmente possono bastare ricariche telefoniche e donazioni spontanee, nel lungo periodo questi fumidi ammaliatori passano direttamente ai biglietti verdi spingendosi anche molto oltre nel giro di pochi mesi.

Le province di Napoli e Caserta brulicano di figure maschili opache e sfuggenti come quelle descritte sinora. Queste ultime, approfittandosi della solidità del legame sentimentale, talvolta, sono capaci anche di decurtare parte dello stipendio destinato alle proprie partners accordandosi di nascosto con i rispettivi datori di lavoro.

L’obiettivo finale dei seduttori senza scrupoli è quello di apporre cospicue ipoteche sul patrimonio immobiliare delle loro compagne, esortandole a vendere immobili e appartamenti ricevuti in eredità, anche a costo di compromettere la pace familiare. In ogni caso, le donne defraudate della loro dignità e delle proprie risorse economiche sono persone senza volto, quasi spettrali, che ci attorniano senza palesarsi: vittime e capri espiatori di una società mefistica fondata sul debito e l’usura. Sono angeli feriti che ingoiano indefessamente il proprio dolore nel religioso silenzio del rimpianto e dell’ autocoscienza. Una consapevolezza provvidenzialmente ritrovata, della quale riescono a riappropriarsi man mano che imparano a defenestrare i propri aguzzini. L’otto marzo è anche per loro.

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