Caserta. Dopo avere già fatto diversi scioperi della fame, Gianni Fabbris, leader degli allevatori casertani riuniti nel Coordinamento Unitario in Difesa del Patrimonio Bufalino e nella Rete Interregionale degli allevatori, è pronto ad attuare un’altra volta questa forma di protesta “contro il silenzio della politica nazionale” circa le richieste lanciate dagli allevatori per risolvere una volta per tutte il problema della brucellosi e Tbc bufaline, che riguardano soprattutto gli allevamenti casertani.
Gli allevatori protestano da due anni contro il piano della Regione Campania di eradicazione di Brucellosi e Tbc, a loro dire troppo sbilanciato verso l’abbattimento degli animali risultati positivi a tali patologie, mentre loro chiedono altre analisi che confermino che il capo positivo sia poi anche realmente malato.
Nella maggior parte dei casi di animali portati al macello perché positivi, accade infatti che l’autopsia accerti post mortem che erano sani, come hanno rivelato i dati diffusi a fine 2022 dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere su richiesta degli stessi allevatori, secondo cui dal 2012 sono stati abbattuti oltre 140mila capi bufalini dei quali solo l’1% risultato realmente affetto da brucellosi e tbc dopo analisi post mortem.
In questo nuovo capitolo della protesta, Fabbris non resterà però nel quartier generale degli allevatori al centro don Milani di Casal di Principe (Caserta), ma farà lo sciopero della fame sotto il ministero della Salute a Roma, in Lungotevere Ripa 1.
“Sono pronto a partire dal 16 aprile” annuncia, ricordando che nei giorni scorsi aveva indirizzato “una lettera al ministro della Salute e dell’Agricoltura, preannunciando lo sciopero e ribadendo nuovamente la richiesta di adottare un provvedimento di nomina del Commissario Nazionale per risolvere i problemi della BRC e della TBC nelle regioni meridionali; ma ad oggi non è giunto alcun riscontro da parte del Governo”.
“Questo – aggiunge Fabbris – non è il tempo dei magistrati ma della responsabilità della politica. Abbiamo fatto decine di denunce alla magistratura e non sentiamo affatto il bisogno di aggiungerne altre magari per conquistare l’ennesimo titolo di giornale, pur se continueremo nella nostra azione nelle sedi legali perché venga pienamente sancito il riconoscimento dei principi del diritto. Ora è il tempo delle risposte da parte della politica. Risposte che non possono essere più rimandate e che, peraltro, sono state abbondantemente annunciate.
Sia chiaro, sappiamo che non è semplice mettere mano ad un problema irrisolto da decenni; sono 40 anni che falliscono i piani regionali di eradicazione della BRC e della TBC delle Regioni e dei Governi che si sono susseguiti nelle 4 regioni meridionali coinvolte (Sicilia, Campania, Puglia, Calabria). Sappiamo che ci sono ragioni diverse per questo fallimento, ma di certo vi sono vantaggi per alcuni e denunciamo da tempo che attorno si è costruito un sistema di interessi che coinvolge diversi soggetti. Il Coordinamento ha coniato uno slogan crudele e impietoso nella forma ma realistico nella sostanza: finché c’è brucella c’è business“.