Grazzanise. Monsignor Modesto Petrella è stato il più insigne sacerdote cattolico grazzanisano del periodo che andò dalla fine degli anni Cinquanta ai primi anni Settanta del secolo scorso. Nato nel 1907 a Grazzanise, visse sempre intensamente e purtroppo trovò la morte in conseguenza di un tragico incidente stradale, verificatosi sulla statale Appia all’altezza del bivio di Marcianise, il 29 aprile 1974, cioè a due settimane dal Referendum abrogativo del divorzio, egli che aveva scritto “Il Tevere straripa col suicidio dell’Italia”, un libro nel quale aveva concentrato idee antidivorziste con vigoroso impeto. In sua memoria, nella serata di sabato 27 aprile, il parroco don Giovanni Corcione ha celebrato nel santuario di Montevergine una Santa Messa, accogliendo la richiesta che gli era giunta dalla signora Giuseppina Raimondo (già componente del Consiglio pastorale parrocchiale della Chiesa di San Giovanni Battista) per il 50° anniversario della morte che esattamente ricorre oggi, 29 aprile 2024.
Fra i non pochi fedeli presenti alla liturgia eucaristica – animata dalla schola cantorum diretta dall’organista Teresa Petrella e che si avvale della potente voce del tenore Raffaele D’Abrosca – v’era Silvia Petrella (nipote di don Modesto e magistrato presso la Procura di Nola) giunta appositamente da Napoli. Alternatesi all’ambone, per le letture che precedono e seguono il brano del Vangelo, le voci della giornalista Giovanna Pezzera, della studentessa Martina Parente e della suddetta signora Raimondo.
Persuaso che sulla figura del canonico Petrella debba ancora svilupparsi una serena ricerca storica, il celebrante don Corcione ha tenuto un’omelia sobria ed illuminante, ad impostazione soprattutto spirituale con espliciti riferimenti alla venerazione mariana. “Intendiamo rivolgere un pensiero di gratitudine verso don Modesto che di questa chiesa di Montevergine fu costruttore” ha detto il parroco riconoscendogli che fu “forte promotore di iniziative”. “E siamo adesso qui – ha poi sottolineato – per raccogliere e presentare al Signore tutte le scelte da lui compiute, tutte le volte in cui ha facilitato la costruzione della fede nei cuori, della ‘chiesa delle opere di cristiana carità’ ed è questo forse il lascito più bello di mons. Petrella. Ogni credente può consegnarlo al Creatore come una luce bella, misteriosa, delicata. L’essere di aiuto al prossimo è certamente l’opera umana più grande che fa risplendere gli occhi di Dio”. Particolarmente emozionante il canto finale della celebrazione, l’Evviva Maria che piaceva tanto al prelato, alle nostre nonne e alle nostre mamme, un canto proveniente da tempi lontani quand’era dai più intonato con le lacrime agli occhi per la sua forza evocativa di sofferenze e gioie, disgrazie affrontate e grazie ricevute dalla Vergine Santissima, “Regina di Grazzanise” (come, in una commovente poesia, l’architetto Luigi Petrella definì la Madre di Gesù amatissima dal popolo di questo paese).
Oltre alla ricostruzione, in più ampie proporzioni e in stile gotico, della chiesa di Montevergine bombardata nel corso della Seconda Guerra Mondiale, il canonico si dedicò alla realizzazione di un orfanotrofio, sul suolo edificabile donatogli da un’anziana donna di nome Teresina e che intestò a sé stesso (commettendo così l’errore di una sorta di acquisizione “privata” che tanti grazzanisani non gli perdonarono mai, finché visse e successivamente – come ha dimostrato il mezzo secolo di oblìo calato implacabile sulla sua figura –, nonostante il bene a profusione che comunque aveva compiuto a vantaggio della comunità dei fedeli). Un orfanotrofio che ora non esiste più, essendo stato comprato dal Comune, nel triennio 1992-94, l’intero stabile e poi abbattuto, al fine di costruirvi l’attuale palazzo municipale. In quello stabile e concomitanti all’orfanotrofio detto “di Fatima” svolgevano, negli anni Sessanta, la loro importante attività formativa una scuola materna non statale (chiamata “della maestra Gelsomina”) e un centro di apprendistato del ricamo per giovani donne (guidato da Caterina Petrella). Era quella l’epoca in cui l’autorevole ed operoso monsignore – che sognava di elevare al grado di santuario il tempio dedicato alla Madonna di Montevergine e registrava su bobine le sue omelie domenicali – fece in modo che la congregazione delle sammaritane Suore Ancelle dell’Immacolata devote al fondatore don Donato Giannotti (“operaio di Dio, apostolo della verità, padre venerato”) aprissero una nuova casa a Grazzanise dove egli, intanto, andava costituendo l’associazione femminile “Figlie di Maria” in abito celeste ed ogni anno adunata in testa alla grande e ordinata processione dell’8 settembre (Natività della SS.ma Vergine) sempre seguita da moltissimi fedeli, addirittura più di coloro che tradizionalmente partecipavano alla processione del protettore di Grazzanise, San Giovanni Battista. In precedenza l’autorevole esponente della Curia capuana si era preoccupato di far erigere nel suo “loco natìo”, su un triangolo di superficie comunale al centro della p.tta Montevergine, a pochi passi dalla chiesa e dall’orfanotrofio, il monumento alla Madonna di Fatima (inaugurato solennemente nel 1954). Tutto insomma convergente nella spiritualità mariana vivamente espressa dalla comunità locale, compreso il campanile a sé stante che egli progettò e fece innalzare a ridosso del monumento che mostra i pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta inginocchiati dinanzi alla Madonna che ad essi apparve in Portogallo. Appunto a rafforzamento di quella spiritualità, il canonico contemporaneamente rilanciò la vicenda-leggenda di Carlo Munno: i suoi figli, che rischiarono l’annegamento nel fiume Volturno, si salvarono grazie al ritrovamento di un quadretto con l’effigie di Maria. Proprio quell’episodio sarebbe stato all’origine della propagazione della fede mariana a Grazzanise.
Dall’epigrafe incisa sulla lapide funeraria, leggibile nella cappella di famiglia eretta sul lato ovest del vecchio cimitero di Grazzanise, si evince la sua alta funzione di Primicerio (cioè dignitario con funzioni di direzione e sorveglianza) della Cattedrale di Capua, sede principale dell’omonima antichissima Arcidiocesi. Inoltre don Modesto fu anche Presidente del Tribunale Diocesano, giudice e avvocato del Tribunale Ecclesiastico Campano, assistente diocesano di Azione Cattolica, compositore di musica sacra, oratore di fama inesauribile, fondatore di Opere pie, Prelato domestico di Sua Santità. In effetti una personalità poliedrica, contemporaneamente amata e osteggiata, le cui opere materiali, morali e religiose avrebbero meritato studi e ben altro destino. Tuttavia il tempo fa giustizia, sicché il Cinquantenario della morte sollecita di per sé opportune ricerche e documentati approfondimenti che probabilmente si andranno, man mano, ad aggiungere alla specifica “fondazione” che il sindaco di Grazzanise, Enrico Petrella, ha in mente di far sorgere con l’apporto della nipote che ieri ha preso parte alla Santa Messa.