Nola, 26 giugno 2024: un mercoledì tiepido e ventilato cede alle lusinghe di una serata scintillante di luci ed emozioni ineffabili. Il Giglio dell’Ortolano biancheggia tra i cirri e la luna, ergendosi maestoso e imponente sulla piazza “Ferrovia” a dire poco gremita.
C’è atmosfera di festa perché l’attesa della ballata dei Gigli è essa stessa un evento festoso. Ma, questa volta i festeggiamenti sono stati impreziositi da una persona speciale, un signore. Perché, come diceva Totò, “Signori si nasce” e Gaetano Vecchione, organizzatore e maestro di festa di Gigli da generazioni, lo nacque certamente.
Gaetano Vecchione ha saputo dimostrare a tutti che la tradizione “gigliata” è diventata oramai un’ arte che insegue amabilmente cantanti e musicisti di immenso spessore.
La folla staziona compostamente ai bordi del palco dove, a breve, comparirà il profilo di un sontuoso musicista e cantautore partenopeo, il più rappresentativo: il maestro Enzo Gragnaniello. Il maestro ammalia il foltissimo pubblico con la sua chitarra, struggente come un’ emozione ruggente in attesa di manifestarsi. Il maestro Gragnaniello sa incantare i suoi fans come la narrazione verace di Matilde Serao, come una battuta disarmante del teatro di Eduardo. Gragnaniello si avvale di musicisti di rara perizia., come Piero Gallo, Erasmo, ecc. Tutti loro suonano con la passione di chi non vuole più smettere di raccontarsi e raccontare la vita senza remore, ne’ riserve. Un tripudio di pregevoli vibrazioni misto ad un visibilio di armonie senza tempo ne’ limiti emotivi: un concerto “orfico” durato due ore, che evoca le rivelazioni di uno dei più grandi poeti del Novecento, Dino Campana.
Una riflessione che ho voluto condividere personalmente col maestro Gragnaniello dopo il concerto, in compagnia di Gaetano Vecchione che me lo ha presentato. Il maestro e’ visibilmente stanco e provato dalla impegnativa performance appena conclusa, ma scambia volentieri quattro chiacchiere con me e si presta con piacere ad una foto che ci ritrae assieme. Alle mie domande, il maestro risponde che abbiamo una “missione da compiere perché siamo dei mezzi“. Lo dice mentre si compiace per le mie poesie in lingua napoletana premiate cinque volte in Basilicata. “Dobbiamo trovare il modo di interagire non appena mi libero dagli impegni estivi“: le parole di Enzo Gragnaniello.
Poi commento col maestro alcuni testi di una sua canzone che recitano: “a pace e’ comme a pece, a vita e’ comme a morte“. Espressioni riconducibili alla “coincidenza fra gli opposti“, una teoria abbracciata da un insigne pensatore nolano a me molto caro, Giordano Bruno. Il maestro Gragnaniello, sebbene esausto segue con interesse le mie constatazioni e torna a parlarmi di poesia: “non dobbiamo mai smettere di credere nella poesia perché i versi detengono dei poteri rivoluzionari in grado di riconciliare l’ uomo con se stesso e la Natura”. Io faccio notare al maestro che, il suo è un pensiero condiviso anche dallo psichiatra ligure Paolo Milone. Inoltre, riferisco al maestro che il potere dei versi richiama la potenza della memoria, senza la quale non esistono, secondo Parmenide di Elea, i presupposti atti alla ricerca della verità.
Il maestro Gragnaniello vorrebbe intrattenersi ancora a disquisire di arte ma i suoi occhi e la sua attenzione sono al limite. Mi congedo dal maestro Gragnaniello con rispettosa ammirazione, lasciando che il suo sorriso, schietto come l’ abbraccio di un bambino, illumini ancora i miei pensieri. Le emozioni non si misurano mai con semplici convenzioni perché il loro valore e’ un dono divino. Grazie all’amico Gaetano Vecchione per averci resi partecipi dei suoi sogni e delle sue occhiute visioni.