Hai l’abitudine di fare docce lunghe e calde sempre? Anche quando non è necessario o non solo in inverno? Ecco cosa si nasconderebbe secondo uno studio
La doccia: quel rifugio quotidiano dove l’acqua scorre come un flusso di pensieri, portando via stanchezza e pesantezze emotive. Non è solo una pratica di igiene personale, ma un momento tutto per noi, in cui ci concediamo il lusso di staccarci dal mondo, anche solo per pochi minuti.
In questo piccolo spazio, spesso delimitato da pareti di vetro o tende, si crea una dimensione parallela dove il tempo sembra rallentare. La routine della giornata lascia spazio a una sensazione di sospensione, quasi magica, in cui possiamo ascoltare il suono dell’acqua che scorre e sentirne il calore sulla pelle. Ogni goccia sembra avere il potere di sciogliere non solo la fatica fisica, ma anche quella mentale, permettendoci di ritrovare un equilibrio che, a volte, crediamo perso.
C’è qualcosa di incredibilmente intimo e confortante nell’essere avvolti dal calore dell’acqua. Il rumore costante e ritmico del getto sembra creare una barriera sonora che ci isola dal caos esterno, lasciandoci soli con noi stessi. Quante volte, durante una giornata difficile, la doccia è diventata il nostro piccolo santuario? Uno spazio in cui possiamo piangere senza timore di essere visti, riflettere su scelte complicate o semplicemente svuotare la mente, lasciandoci trasportare da quella sensazione di leggerezza che l’acqua riesce a donare.
La doccia ha un potere terapeutico unico: il contatto con l’acqua calda stimola la produzione di endorfine, quelle molecole del benessere che ci aiutano a sentirci più rilassati e sereni. Per non parlare del suo effetto simbolico: ci laviamo non solo per eliminare lo sporco fisico, ma anche per scrollarci di dosso tensioni e stress. Nei momenti di sconforto o tristezza, immergersi in una lunga doccia calda può assumere un significato profondo. L’acqua diventa quasi un abbraccio, un gesto di cura verso noi stessi. E in quel gesto si cela un messaggio potente: “Mi prendo cura di te”.
Cosa significa se fai docce lunghe e calde: lo studio
Ma c’è un aspetto interessante e spesso non sottolineato in maniera opportuna dietro questa pratica. Il modo in cui facciamo la doccia, infatti, potrebbe rivelare qualcosa di importante sul tuo stato emotivo. Secondo uno studio condotto dall’Università di Yale, chi si sente solo tende a fare docce più lunghe e decisamente più calde. Non stiamo parlando di una temperatura tiepida e confortevole, ma di quelle docce che trasformano il bagno in una sauna improvvisata creando di conseguenza tantissimo vapore.
Perché lo si fa? Il motivo è sorprendente: il calore dell’acqua sembra “sostituire” il calore umano. In altre parole, le persone che si sentono sole di base, che lo sono state nella loro vita o che sono emotivamente vulnerabili potrebbero utilizzare la doccia non solo come momento di relax, ma come un modo per colmare quel bisogno di connessione e intimità. È come se quel calore fisico riuscisse a supplire, almeno temporaneamente, la mancanza di un abbraccio o di un gesto rassicurante.
La doccia fa riemergere mancanze dell’infanzia?
Questo spiegherebbe perché tante persone, anche quando non c’è una reale necessità, scelgano di concedersi quelle docce lunghissime, quasi meditative. E non solo in inverno quando il calore fa comodo: pure in estate lo fanno e molti probabilmente si rivedranno in questa lettura. Si tratta di una risposta istintiva al bisogno di conforto, un’alternativa che la mente e il corpo trovano per sentirsi meglio, almeno per qualche istante che si trasforma poi per parecchi minuti.
Lo studio di Yale, detto questo, mette in luce un aspetto affascinante del nostro rapporto con l’acqua: non è solo una questione di corpo, ma anche di mente. Quando ci sentiamo soli o giù di morale, cerchiamo istintivamente un conforto che spesso non sappiamo come chiedere. La doccia, con la sua semplicità e immediatezza, diventa una sorta di rifugio emotivo, un gesto che ci fa sentire protetti e coccolati. Quello che forse è mancato durante l’infanzia.