Santa Maria Capua Vetere. “La Commissaria stava con il manganello in mano e incitava i suoi uomini a picchiarci: «facit bbuono, se lo meritano» diceva“. Così il detenuto Fabio D’Avino, teste al maxi-processo per i pestaggi dei reclusi avvenuti in piena pandemia da Coronavirus il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere che vede 105 imputati tra agenti penitenziari, funzionari del DAP e medici dell’Asl di Caserta, conferma in aula una circostanza che aveva raccontato a Procura e Carabinieri subito dopo i fatti, e relativa alla funzionaria della polizia penitenziaria, Anna Rita Costanzo, imputata nel processo.
Lo stesso D’Avino, attualmente detenuto al carcere casertano di Carinola, racconta però di non essere stato colpito dalla Costanzo, e di non ricordare se la poliziotta avesse colpito altri reclusi. Il sostituto procuratore di Santa Maria Capua Vetere, Daniela Pannone, contesta a D’Avino quanto affermato poco dopo i fatti, ovvero che aveva visto “la Costanzo colpire con il manganello il detenuto Cristian De Luca“.
“Non ricordo” ha risposto il teste, cui poi il pm ha chiesto di vedere le foto di alcuni agenti per riconoscerli; D’Avino a quel punto si è lasciato andare ad uno sfogo. “Ma dopo quattro anni come faccio a ricordarmi queste cose, dopo aver passato le pene dell’inferno, aver cambiato 50mila celle e 8mila guardie; io non ho detto bugie, questa è una vergogna. I miei processi durano due minuti e mi danno venti anni“.
Nella scorsa udienza, quella del 18 ottobre, D’Avino si sfogò in modo ancora più forte e plateale, dicendo che avrebbe potuto non far celebrare il processo, se avesse voluto. “Qua non viene più nessuno a testimoniare” disse, per poi minacciare un agente imputato in servizio al carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020.