La Corte d’Appello di Napoli conferma, e in alcuni casi ridefinisce, le condanne inflitte in primo grado per quasi tutte le posizioni inerenti ad esponenti del clan Piccolo-Letizia di Marcianise, detti anche Quaqquaroni, e dei sodali del clan Perreca di Recale, nel processo in cui sono coinvolti, a vario titolo, per associazione a delinquere di stampo mafioso. Il clan si contrappose all’altro clan del luogo, il clan Belforte, detti Mazzacane, scaturendone una trentennale faida di camorra per il controllo delle attività illecite del comprensorio di Marcianise e zone contigue.
I Giudici d’Appello hanno inflitto 20 anni ciascuno agli esponenti di maggior spicco del sodalizio criminale, Andrea Letizia – condannato in primo grado a 20 anni in continuazione per complessivi 30 anni, Achille Piccolo, Antimo Mastroianni e Pasquale Piccolo – detto Rockefeller – a cui in primo grado erano stati inflitti 20 anni in continuazione con pena complessiva a 27 anni e 6 mesi.
Confermata la pena di 20 anni a Giovanni Perreca esponente dell’omonimo clan di Recale, così come è stata confermata a Luigi Noia a 10 anni e 8 mesi; Giovanni Timbone a 6 anni; Vincenzo Timbone a 9 anni e 6 mesi; Fabio Buanno 7 anni e 4 mesi; Luigi Caterino a 8 anni e 7 mesi; Francesco Antonio Celeste per 5 anni e 6 mesi; Maria Cristiano 6 anni e 8 mesi; Antonio Nacca a 13 anni; Palma Bellopede Piccolo a 6 anni e 8 mesi; Pietro De Lise 9 anni e 4 mesi e ad Angelo Piccolo a 6 anni e 8 mesi.
Si sono visti ridurre la pena rispetto al processo di primo grado, invece, Primo Letizia, divenuto collaboratore di Giustizia, che ha ottenuto una pena a 6 anni e 4 mesi rispetto agli 8; Michele Maietta a 9 anni, un anno in meno rispetto alla sentenza del primo grado; Giuseppe Letizia 6 anni e 8 mesi; Antonio Letizia a 20 anni (condannato a 26 anni in primo grado); Domenico Piccolo 6 anni (10 anni in primo grado) e Francesco Piccolo a 13 anni e 4 mesi (13 anni e 4 mesi in continuazione con pena complessiva di 16 anni e 4 mesi in primo grado).
Tutto ha inizio ad aprile 2019 con l’arresto da parte della Squadra Mobile di Caserta di 30 persone appartenenti al clan, in quanto le indagini ordinate dal sostituto procuratore Luigi Landolfi della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli avevano permesso di appurare la pericolosità dei Quaqquaroni, in netto contrasto con i rivali dei Belforte, detti anche Mazzacane, soprattutto dopo la cattura di diversi esponenti di quest’ultimo clan che ne aveva messo alla luce l’indebolimento e la compromissione della egemonia sul territorio marcianisano e zone contigue. Inoltre, le attività investigative appuravano tensioni interne al clan Piccolo e soprattutto tra le fazioni Piccolo e Letizia proprio in relazione al potenziale ricollocamento dei Quaqquaroni a leader assoluti.
Nel corso degli anni i Quaqquaroni, alias riferito agli appartenenti al gruppo criminale composto dalle fazioni Piccolo e Letizia, così come i rivali del clan Belforte, evolvendosi, sono passati dalla fase prettamente armata a quella di camorra politica ed economica. Difatti al “clan” viene contestata anche l’illecita realizzazione e il controllo di attività economiche, il rilascio di appalti e servizi pubblici, il rilascio di concessioni e autorizzazioni amministrative, l’illecito condizionamento del diritto di voto, il conseguente reinvestimento degli introiti in attività imprenditoriali, immobiliari e finanziarie.