In data odierna, i finanzieri del Comando Provinciale di Caserta hanno dato esecuzione, nelle province di Caserta e Napoli, ad una ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali emessa, su richiesta del G.I.P. del Tribunale di S. Maria C.V, nei confronti di 3 soggetti tutti sottoposti agli arresti domiciliari e di altri 12 soggetti, nei confronti dei quali è stato disposto il sequestro preventivo anche “per equivalente” di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, detenute in Italia e all’estero, ritenuti appartenenti, a vario titolo, ad una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di truffa in danno dello Stato e di enti comunali nonché di connessi reati di falso ideologico in atto pubblico, mediante induzione in errore dei pubblici ufficiali destinatari delle condotte artificiose, di autoriciclaggio e di ricettazione, delitti, questi ultimi, costituenti mezzo per l’effettuazione delle truffe o, a valle, strumento per assicurarsi il profitto scaturente dai suddetti reati, perpetrate attraverso artificiose compensazioni tra crediti erariali inesistenti e debiti inerenti a tributi locali, anch’essi inesistenti.
Il provvedimento compendia gli esiti di una complessa indagine di polizia giudiziaria svolta dai militari della Compagnia di Capua, sotto la direzione di questa Procura della Repubblica, che hanno consentito di far emergere un grave quadro indiziario circa l’esistenza di una struttura associativa che ha posto in essere una serie di truffe ai danni dello Stato realizzando un indebito profitto pari a circa 1,5 milioni di euro.
L’operazione ha avuto origine dalla segnalazione di un’operazione sospetta di giroconto, verso conti correnti esteri, di 198.000,00 euro, a seguito dell’accredito di pari importo da parte del Comune di Capua sul conto corrente di uno degli indagati, per il rimborso di un tributo TASI rivelatosi, di fatto, inesistente. Le attività volte alla compiuta ricostruzione di tale episodio, per il quale veniva disposto il sequestro preventivo della somma provento della condotta truffaldina, venivano successivamente estese al fine di verificare se, nel medesimo arco temporale e nell’ambito della stessa area territoriale, erano state indirizzate ad altri Comuni richieste di rimborso fraudolente con le medesime modalità riscontrate nel suddetto episodio, ovvero previa compilazione di modelli F24 recanti compensazioni tra crediti erariali e debiti relativi a tributi locali, entrambi inesistenti.
Le investigazioni, svolte attraverso attività tecniche, perquisizioni e analisi di documentazione amministrativa e bancaria ed anche mediante l’emissione di Ordine Europeo di Indagine, per l’acquisizione dalle autorità ungheresi di documentazione bancaria necessaria per la ricostruzione dei flussi finanziari dei proventi delle condotte illecite, hanno permesso di ricostruire ventuno episodi di frode, che hanno coinvolto diciassette Comuni, nonché di identificare 23 persone coinvolte a vario titolo.
In particolare, lo schema del meccanismo fraudolento posto in essere dai membri dalla compagine criminale oggetto di indagine consisteva nell’avvalersi della collaborazione di altri soggetti di volta in volta individuati, dopo aver posto in essere – mediante la trasmissione in via telematica di F24 online artificiose compensazioni tra crediti erariali inesistenti e debiti inerenti a tributi locali, anch’essi inesistenti, presentavano al competente ufficio del Comune scelto come “bersaglio” una richiesta di rimborso del debito per tributi locali, asserendo di averlo erroneamente pagato, esibendo all’uopo la documentazione attestante l’avvenuta compensazione del debito suddetto con un proprio credito erariale, entrambi, come detto, inesistenti. Parallelamente la procedura di compensazione, “generava” in via automatica un flusso finanziario che si concludeva con l’accreditamento delle somme sui conti correnti dei Comuni poi destinatari della richiesta di rimborso. Dopo aver appurato l’effettiva presenza, in bilancio, di tali somme il responsabile dei servizi finanziari comunali, destinatario della richiesta di rimborso fraudolenta, procedeva alla emissione di un mandato di pagamento ( o ad un atto ad esso equiparabile) con il quale faceva luogo alla restituzione delle somme al richiedente su di un conto corrente a lui intestato, dal quale il denaro veniva immediatamente spostato altrove attraverso bonifici, talora su conti esteri, ed operazioni similari.
Per alcuni degli episodi criminosi per i quali sono emersi gravi indizi di colpevolezza le condotte truffaldine non si sono consumate con l’accredito delle somme da parte dei comuni, atteso che i funzionari comunali destinatari di tali condotte decettive, che avrebbero determinato un ulteriore profitto illecito di 1,7 milioni di euro, in seguito a controlli o ad attività istruttorie interne non hanno proceduto ai bonifici delle somme oggetto delle richieste fraudolente, donde la configurazione, in tali casi, di truffe arrestatesi allo stadio del tentativo.
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