Caserta. All’alba di questa mattina i carabinieri del comando provinciale di Caserta, su ordine della DDA di Napoli, hanno proceduto agli arresti di 37 persone tra i quali ci sono elementi di spicco della fazione Schiavone – Bidognetti del clan dei Casalesi.
Sono 45 gli indagati, tra cui i 37 sottoposti al regime di custodia cautelare, raggiunti dal provvedimento, oltre i figli di Francesco Bidognetti “Cicciotto ‘e Mezzanotte“, Gianluca, Katia e Teresa, e sono: Nicola Kader Sergio, Salvatore Gabriele, Nicola Garofalo, Antonio Lanza, Emilio Mazzarella, Giosuè Fioretto, Giuseppe D’Aniello, Giacomo D’Aniello, Angelo Zaccariello, Giovanni Stabile, Antonio Stabile, Giuseppe Spada, Vincenzo D’Angelo, Federico Barrino, Vincenzo Simonelli, Francesco Cerullo, Ernesto Corvino, Giovanni Corvino, Emiliana Carrino, Carlo D’Angiolella, Annalisa Carrano, Francesca Carrino, Agostino Fabozzo, Luigi Cirillo, Marco Alfiero, Onorato Falco, Pietro Falco, Clemente Tesone, Giovanni Della Corte, Franco Bianco, Salvatore De Falco, Vincenzo Di Caterino, Giuseppe Di Tella, Giuseppe Granata; Biagio Francescone, Felice Di Lorenzo, Francesco Sagliano, Francesco Barbato, Luigi Mandato, Agnese Diana, Aniello Di Fratta, Pasquale Pepe.
Agli indagati vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, estorsione ai danni di numerosi commercianti e traffico di sostanze stupefacenti. I reati sono stati documentati nel corso di una complessa attività di indagine dei carabinieri, durata oltre tre anni, che ha acclarato la pericolosità di detto sodalizio con la volontà di riorganizzarsi, che pur mantenendo la loro autonomia operativa, avevano ricostituito una cassa comune.
Un indagato avrebbe curato la pianificazione e la realizzazione delle dinamiche criminali della fazione Schiavone al fine di attuare il controllo capillare del territorio e il reperimento di somme di denaro indispensabili per il sostentamento del gruppo, affermandosi quale punto di riferimento non solo i per gli affiliati ma anche per coloro che, sebbene non contigui al sodalizio, consapevoli della sua posizione di vertice, a lui si sarebbero rivolti al fine di giungere alla soluzione di controversie e dinamiche private.
La fazione Bidognetti sarebbe ancora organizzata su vincoli di sangue e guidata dai familiari più stretti dello storico capo clan Francesco Bidognetti. Il clan sarebbe stato gestito dal figlio Gianluca, il quale, sebbene detenuto e in procinto di essere liberato, avrebbe utilizzato telefoni cellulari illegalmente introdotti nella struttura carceraria e rinvenuti con l’ausilio di personale del NIC della Polizia Penitenziaria, impartendo ordini e direttive funzionali alla direzione della fazione e a promuovere le attività illegali eseguite da sodali liberi, arrivando a organizzare un progetto omicidiario in pregiudizio di un noto affiliato, allo scopo di ridimensionare la sua ascesa criminale all’interno del clan.
Le altre due figlie di Bidognetti, Katia e Teresa, avrebbero invece continuato a percepire stabilmente somme di denaro provento delle diverse attività delittuose, tra cui l’usura, con la cessione di somme di denaro in favore di imprenditori e cittadini, con tassi d’interesse che arrivavano anche al 240%. Inoltre i Bidognetti eserciterebbero il controllo delle attività delle agenzie di onoranze funebri dell’agro aversano, in virtù di accordi criminali stretti già negli anni ’80, attraverso un “consorzio di imprese”, che è stato sottoposto a sequestro nel blitz di stamane.
Altresì, a carico di esponenti del sodalizio camorristico vengono contestati anche i reati di estorsione: un imprenditore sarebbe stato forzato a pagare dopo essere stato gambizzato, e il traffico di sostanze stupefacenti e contestuale controllo dell’attività di cessione di droga realizzato da terzi soggetti, che sarebbero stati costretti a versare denaro a esponenti del Clan per garantirsi la gestione delle piazze di spaccio.
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