Vitulazio (di Lucio Seneca). Imputato del reato di corruzione elettorale col metodo mafioso, Antonio Scialdone incassa la prescrizione insieme a Maurizio Fusco, capozona del clan dei Casalesi. Grazie al decorso del tempo, beneficia della prescrizione, anche per effetto dell’esclusione dell’aggravante mafiosa. Questo quanto deciso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, il 28 febbraio scorso, per i fatti che portarono all’arresto del direttore del CUB, con ordinanza richiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia nel 2014.
A dare corso alle indagini la denuncia, nel 2010, di un cittadino di Vitulazio, Michele Benincasa, il quale recatosi presso la locale caserma dei carabinieri riferiva di avere ricevuto la promessa, da parte di Scialdone, di un impiego nel Consorzio dei rifiuti, in cambio del voto alla sorella Gianna Lina e alla moglie Pontillo Michela, candidata alle elezioni regionali nel 2010, indicando anche altre persone che avevano ricevuto promesse ed elargizioni di denaro, sempre in cambio del voto.
Il denunciante scopriva poi che il contratto, firmato dallo stesso Scialdone che lo aveva assunto presso gli uffici del CUB, era falso e, sentendosi ingannato, faceva denuncia, raccontando anche altri episodi di corruzione elettorale. Il denunciante dichiarava anche che per i mesi che aveva lavorato, proprio nell’ufficio dell’ex direttore, non riceveva alcuna retribuzione, se non occasionali elargizioni di somme in contanti da parte dello stesso firmatario del contratto. L’indagine veniva condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia che aveva disposto il sequestro di un’agenda presso l’abitazione dell’imputato con l’indicazione di nominativi di persone che avevano ricevuto promesse o benefici in cambio del voto, tra i quali figurava proprio Maurizio Fusco ed alcuni sui familiari, ai quali, in cambio del sostegno elettorale, avevano avuto contratti di lavoro in una ditta di rifiuti e in una azienda di vigilanza.
Ironia della sorte, proprio per effetto del contratto di lavoro del fratello di Maurizio Fusco, a nome Giuseppe, che andava poi a chiedere le mensilità maturate, veniva arrestato nell’estate del 2012 per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Nel corso del processo hanno riferito sul conto di Scialdone vari collaboratori di giustizia, descrivendolo come persona a disposizione dei clan per ogni azione illecita nell’area di Vitulazio: factotum di Nicola Ferraro, condannato per concorso esterno e destinatario di confisca del patrimonio e interlocutore di Nicola Schiavone, figlio del più noto Sandokan, oggi pentito, i quali si incontravano abitualmente proprio presso l’abitazione del politico casalese. Nel corso del processo emergono anche contatti con Massimo Vitolo, al tempo della sua latitanza, per trattare un’estorsione gravante su un imprenditore, – amico dell’ex direttore, il quale all’epoca doveva costruire dei palazzi a Vitulazio – e che proprio Scialdone conduceva al cospetto del referente dei casalesi per avere uno sconto sulla tangente.
Di Scialdone parla anche il collaboratore Benito Natale circa il ruolo svolto nei nolo degli autocompattatori dei fratelli Orsi, con il placet della famiglia Schiavone, rappresentata da Maurizio Fusco, mezzi consegnati alla DHI, presso la quale l’ex direttore del CUB era consulente. Rispetto ai fatti oggetto del processo sono state acquisite anche le dichiarazioni dei pentiti Raffaele Piccolo, Roberto Vargas, Enrico Chierchiello e Francesco Della Corte.
Tuttavia, secondo il Tribunale, Scialdone non poteva essere assolto – come aveva chiesto la difesa – in considerazione dei fatti che lo hanno riguardato e che, in astratto, configurano il reato ma, con l’esclusione dell’aggravante mafiosa, il reato è stato dichiarato prescritto per decorso del tempo massimo per essere giudicato.