Santa Maria Capua Vetere (di Giovanni Maria Mascia). “Sebastiano Caterino aveva avuto un litigio con un ragazzo, Fabio Del Gaudio del clan dei Bellagiò, e voleva che lo uccidessi io per ritorsione, ma Caterino mi disse anche che aveva ricevuto una lettera da Francesco Schiavone Cicciariello, il quale si era reso disponibile a dargli piena soddisfazione, ma l’evraiuolo aveva capito che era una trappola dei Casalesi“. Salvatore Amato, collaboratore di giustizia dal 2011, è stato sentito oggi dal Pubblico Ministero Maurizio Giordano della DDA nel processo per il duplice omicidio di Sebastiano Caterino e Umberto De Falco che si celebra davanti ai giudici della Corte d’Assise, del Tribunale di Santa Maria CV, presidente Roberto Donatiello.
Il pentito aveva stretto amicizia con la vittima, ma senza intrattenere rapporti di affari o criminali. Il giorno del duplice omicidio, avvenuto il 31 ottobre del 2003 a Santa Maria Capua Vetere, la vittima si era recata a casa di Amato insieme a De Falco “Era venuto a chiedermi 50mila euro per finire di costruire la casa, gli dissi che avevo bisogno di 2/3 giorni di tempo per trovare i soldi. Un paio di ore dopo che se ne era andato, venni a sapere dell’agguato, mi recai sul posto, nella zona della Ferrovia, era stato bloccato da due auto e vidi a terra i corpi. Dopo quella lettera di Cicciariello glielo avevo detto che avrebbe dovuto assumere qualche ragazzo che lo proteggesse, ma non mi ascoltò“.
Amato ha confermato di aver dato vita ad un suo clan dopo il 29 marzo del 1999, all’indomani dell’omicidio del figlio Carlo, dato che le indagini ufficiali non avevano portato a nessun risultato, nella speranza di poter scoprire in questo modo i responsabili, creò una sua organizzazione Criminale che gestiva le Slot machine. “Nel 2011 ho iniziato a collaborare con la giustizia perché ho capito che tutto ciò che avevo fatto non era servito a niente, non avevo scoperto nulla sulla morte di mio figlio“.
Precedentemente è stato ascoltato anche il pentito Massimiliano Caterino, uomo di fiducia di Michele Zagaria – “Odiava a morte Sebastiano Caterino perché all’inizio degli anni novanta aveva ammazzato due suoi ragazzi, Giovanni Sagliano e Gennaro Licenza“, Zagaria era determinato ad eliminare Sebastiano Caterino e si sarebbe rivolto a Salvatore Nobis e ad Antonio Santamaria affinché si rivolgessero a Francesco Zagaria detto “Ciccio ‘e Brezza” che era un suo amico personale, che aveva un deposito da mettere a disposizione del clan.
Il pentito rivide Michele Zagaria dopo il duplice omicidio, il capo dei Casalesi gli avrebbe rivelato di essere molto soddisfatto per l’esito dell’agguato.
Il processo è stato rinviato all’udienza del 4 luglio per escutere i pentiti Massimo Vitolo e Salvatore Laiso. Sono sotto accusa Corrado De Luca, Agostino Morronese, il padre Sandro e la madre Raffaelina Nespoli, accusati di aver fornito la base logistica da dove partì il commando.
Gli imputati sono difesi dagli avocati Giuseppe Stellato, Domenico Della Gatta, Paolo Raimondo e Mauro Iodice, per la parte civile era presente l’avvocato Luigi Trocciola.
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