Casal di Principe/Castel Volturno. La Polizia di Stato della Questura di Caserta ha eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP di Napoli su conforme richiesta della D.D.A., nei confronti di tre persone, tutte originarie dell’agro di Casal di Principe, ritenute gravemente indiziate di concorso in detenzione di armi da guerra, clandestine e comuni da sparo, complete di svariati accessori e di munizioni di diverso calibro, e della ricettazione di alcune di esse. Si tratta di delitti commessi a Castel Volturno (CE), fino al 20 aprile 2022, per i quali è stata ritenuta sussistente l’aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis c.p. e di aver agito al fine di favorire il clan dei casalesi.
I destinatari della ordinanza di custodia cautelare odierna sono Carlo Del Vecchio “Carlino” (già detenuto presso la Casa circondariale di Cagliari per altra causa in regime di 41 bis), Francesco Del Vecchio (fratello di Carlino) fratelli di Eufrasia Del Vecchio, attualmente indagata dalla Dda di Napoli nell’inchiesta sul rapporto tra il clan dei Casalesi e il mondo dei servizi sociali, e Pasquale Diana, cugino dei tre.
I destinatari del provvedimento cautelare sono stati associati presso la Casa Circondariale di S. Maria C.V. mentre il soggetto già detenuto, ristretto presso la Casa circondariale di Cagliari per altra causa in regime di 41 bis o.p., ha ricevuto la notifica del provvedimento tramite personale della Squadra Mobile di quel capoluogo.
I fatti posti a base del provvedimento vedono la loro genesi in una perquisizione locale e domiciliare, finalizzata alla ricerca di armi, eseguita nell’aprile del 2022 dalla Squadra Mobile della Questura di Caserta all’interno di un’azienda agricola di Castel Volturno. Le ricerche, sviluppate in maniera particolarmente accurata – anche col supporto della Polizia Scientifica e il contestuale impiego di due metal detector in dotazione – permettevano di individuare in un’area del fondo, in prossimità di un pozzo artesiano, il sito esatto ove, sotto quasi due metri di terreno, era occultato un vero e proprio arsenale. Tra le diverse armi e munizioni rinvenute, custodite all’interno di due bidoni in plastica, spiccava una granata per fucile M60 di fabbricazione ex Jugoslavia che, per la relativa pericolosità, veniva fatta brillare direttamente sul posto da operatori del Nucleo Artificieri della Polizia di Stato. C’erano poi due fucili mitragliatori Kalashnikov, un fucile mitragliatore “Sites” mod. Ranger, tre pistole mitragliatrici UZI, un’ulteriore pistola mitragliatrice non meglio identificata, un fucile “a pompa”, due fucili cal. 12 con matricole abrase, un fucile Carabina di precisione comprensiva di gruppo ottico, una pistola Cal. 9×21 con matricola abrasa nonché un silenziatore per arma da fuoco, svariati caricatori e quasi trecento munizioni di diversi calibri.
La varietà e il numero di armi (anche da guerra) rinvenute permettevano, sin da subito, di ipotizzare che l’arsenale fosse riconducibile al clan dei Casalesi. Del resto, in tal senso deponevano anche l’area geografica di riferimento e l’utilizzo di materiale analogo di cui, come noto, detta organizzazione criminale si è storicamente avvalsa. A tale considerazione si aggiungeva il dato fattuale che i titolari del fondo fossero strettamente legati, anche sotto il profilo parentale, con la nota famiglia Del Vecchio, i cui principali esponenti (Del Vecchio Paolo e Carlo), oltre che essere imparentati a loro volta con il noto Schiavone Francesco detto “Cicciariello”, in passato hanno rivestito ruoli di spicco in seno al Clan dei Casalesi – fazione Schiavone, così come peraltro accertato anche in sede giudiziaria con sentenze di condanna ormai definitive.
Difatti, lo sviluppo investigativo della vicenda, delegato alla Squadra Mobile di Caserta dalla D.D.A. di Napoli e realizzato mediante intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, nonché con escussioni di persone informate sui fatti e interrogatori, anche di collaboratori di giustizia, ha effettivamente permesso di ricondurre la titolarità delle armi al clan dei Casalesi, in particolare al gruppo di Schiavone Francesco Cicciariello, e di definire le specifiche responsabilità in capo agli indagati sia nell’occultamento delle stesse e che nella loro conservazione.