Caivano (Napoli). Una cicatrice di cemento. Mura scrostate che sono l’unico verde, a parte quello delle erbacce delle poche aiuole che presto vira al giallo stoppa, a giustificare un nome per questo complesso di palazzi nel quale alligna l’orrore di una infanzia violata e di esistenze senza radici. Si scrive Parco Verde, si legge gigantesca piazza di spaccio.
All’uscita dell’Asse Mediano, solco d’asfalto che taglia in due l’entroterra a Nord di Napoli, a poca distanza dalle vie del centro a Caivano, 37mila anime in uno dei Comuni della vasta pianura campana a nord dell’area metropolitana di Napoli, in posizione baricentrica tra il capoluogo di regione, Caserta, l’agro aversano, l’agro nolano e la Valle Caudina, esiste una delle realtà di periferia degradata più nota alle cronache dello spaccio su vasta scala e della pedofilia.
Il Parco Verde di Caivano ha una storia molto simile a quella dei tanti quartieri popolari creati negli anni ’80 in varie città italiane. L’anno dopo il sisma che aveva provocato quasi tremila vittime in Campania, in Parlamento vide la luce la Legge 219 che finanziò con 1.500 miliardi di lire la costruzione di alloggi alternativi per gli oltre 300mila sfollati del capoluogo di regione e che di fatto diede il via a una speculazione edilizia tipica in grande stile seppellendo campi coltivati con malta e calcestruzzo.
Palazzoni anonimi e ravvicinati, privi di servizi, che dovevano essere provvisori per poi essere riqualificati e assegnati, e che invece divennero permanenti, passati di padre in figlio, quasi come un lascito ereditario, oppure occupati da chi si muove con la forza e la logica della criminalità organizzata. Qui vennero a vivere napoletani dell’area Est del capoluogo. Nel giro di poco, la soluzione si trasformò in problema, il Parco Verde in un ghetto. E, a distanza di 50 anni, i servizi pubblici per i 6mila residenti circa sono ancora centellinati, la rete fognaria pessima, la raccolta rifiuti sporadica e la manutenzione degli alloggi assente.
Il Parco Verde, inoltre, è diventato la succursale diretta delle piazze di spaccio nei quartieri napoletani di Scampia e Secondigliano a ridosso della prima faida di Scampia, nel 2002, quando gruppi del narco-traffico hanno deciso di abbandonare le zone troppo sorvegliate e al centro anche dell’attenzione dei mass media per collocarsi in questa parte della provincia.
Almeno tre clan, due napoletani e uno locale hanno in mano il commercio degli stupefacenti e hanno, negli ultimi 5 anni, triplicato i loro proventi. Cocaina, eroina, cobret, marijuana, ecstasy, qualsiasi stupefacente si spaccia sotto questo spicchio di cielo.
Tra povertà e abbandono da parte delle istituzioni, la droga è quasi una scelta obbligata, l’unica attività che rende in questa realtà. L’isolato numero 3 del Parco, quello delle case gestite dall’Istituto Autonomo Case Popolari è il centro nevralgico del florido commercio.
Ci sono volute però due morti eccellenti, quella di Antonio Giglio, 4 anni appena, volato giù da una finestra nel 2013, e quella di Fortuna Loffredo, 6 anni, nel 2014, anche lei finita sul selciato dopo un volo dall’ottavo piano, per scoperchiare l’orrore di vite senza speranza, di abusi su bambini e bambine tollerati da quella comunità di disperati e tenuti nascosti per non attirare la presenza di investigatori e servizi sociali.
Sull’onda di quelle morti, di quelle storie di “orchi” nascosti nelle case di parenti e amici finite in tribunale con condanne esemplari arrivarono le prime riqualificazioni, come il Green Park nel 2017, area giochi realizzata con i pneumatici esausti recuperati nella Terra dei fuochi.
Il parroco degli ultimi, don Maurizio Patriciello, che ha portato alla ribalta anche le connessioni tra inquinamento e decessi per malattie oncologiche.
Una nuova incisività dell’azione delle forze dell’ordine, anche grazie all’insediamento nel 2022 di una stazione carabinieri che dal primo luglio a oggi ha reso possibili 223 arresti e 408 denunce, ma anche momenti di aggregazione come il concerto della Fanfara dell’Arma il mese scorso. E, soprattutto, la “Stanza tutta per sé“, il locale dedicato all’accoglienza e all’ascolto delle vittime di violenze di genere, la seconda nel napoletano realizzata dai carabinieri.
Un contesto nel quale probabilmente è maturata la scelta di parenti delle cuginette abusate di denunciare il branco. Ma la riqualificazione del Parco Verde, la più grande piazza di spaccio di Europa, appare ancora lontana.