Voto di scambio e racket dei manifesti alle Regionali 2015: la Cassazione rigetta tutti i ricorsi

Caserta. La Corte di Cassazione, non ritenendoli fondati, ha rigettato tutti i ricorsi presentati dai legali degli imputati coinvolti nel processo per i voti di scambio e per il racket sui manifesti elettorali, inerenti la campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Regionale della Campania del 2015, nella città di Caserta.

Il processo nacque da una indagine dei magistrati antimafia di Napoli che il 5 febbraio del 2019, portò all’arresto di 19 persone, tra cui gli imputati in questione, accusati, a vario titolo, di reati legati all’ottenimento di voti in cambio di versamenti di denaro e altre utilità (scambio elettorale), all’estorsione, al traffico di droga e al metodo mafioso.

Tra le persone coinvolte c’erano Pasquale Corvino, già vicesindaco di Caserta e Pasquale Carbone, ex sindaco di San Marcellino, entrambi candidati con il NCD – Campania Libera, che per l’Accusa avrebbero chiesto e ottenuto voti in cambio di denaro e altre utilità. Coinvolti nel racket dei manifesti: Antonio Zarrillo, Roberto Novelli, Paolo Cinotti e Silvana D’Addio.

Nella sentenza di secondo grado del giugno 2022 la prima sezione della Corte d’Appello di Napoli, confermò le condanne inflitte in primo grado il 15 giugno 2021 dal tribunale penale di Santa Maria Capua Vetere per Corvino e Carbone a 4,8 anni; 15 anni di carcere ad Agostino Capone, fratello di Giovanni Capone, ras dei Belforte a Caserta; 6 anni di reclusione per la moglie di quest’ultimo, Maria Grazia Semonella; rideterminando quelle a carico di Roberto Novelli, Paolo Cinotti e Silvana D’Addio, mentre, in continuazione con altre sentenze passate in giudicato, la pena per Antonio Zarrillo venne rimodulata a 27 anni di carcere.

Secondo le indagini, Agostino Capone, su indicazione del fratello Giovanni, ha gestito l’affissione dei manifesti per le regionali del 2015. Ha imposto a vari candidati di incaricare la società Clean Service, ditta intestata alla moglie, per diffondere i loro volti per la città. Chi non si rivolgeva a questa società veniva intimidito o vedeva i propri manifesti coperti nel giro di poche ore.

Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Massimo Garofalo, Romolo Vignola, Franco Liguori, Dezio Ferraro e Federico Conte.

 

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