Casagiove/Casapulla. Fatture false per 8 milioni di euro: la Guardia di Finanza di Caserta ha sequestrato due società attive nel settore auto di proprietà di Camillo Gravante, 41 anni di Recale, proprietario della Gedauto, concessionaria auto a pochi metri dal casello autostradale di Casagiove. Sigilli a oltre un milione e mezzo e 22 indagati, su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere. Il provvedimento cautelare rappresenta l’epilogo di una articolata attività di indagine, nei confronti di alcune società nel commercio di auto.
Oltre a Gravante, sono indagati: Melania Ruotolo, 37enne, Giulia Di Natale, 42enne di Cava dei Tirreni, Antonio Decembrino, 32enne, Salvatore Piccerillo, 55enne, Fernanda Tiglio, 46enne, Giuseppina Detont, 31enne, Costantino Merone, 47enne, Pasquale Farina, 27enne, tutti originari di Santa Maria Capua Vetere, Vincenza Castellari, 45enne di Portico di Caserta, Alessandro Di Monaco, 56enne di Macerata Campania, Luigi Razzino, 30enne capuano, Giuseppe Pedata, 55enne nato a Sant’Antimo, Bruno De Pompeis, 49enne napoletano, Giuseppe Barracano, 24enne di Maddaloni, Michele Sorbo, 72enne di Casapulla, Marcello Paolella Benetenuto, 45enne di Caserta, Giuseppe D’Alessandro, 54enne partenopeo, Angelo Cardillo, 66enne nato a San Cipriano d’Aversa, Vincenzo Di Monaco, 33enne casertano, Anna Angelino Mangiapelo, 31enne di Marcianise e Rita Merola di Capua.
Le investigazioni svolte hanno consentito di disvelare un articolato sistema di frode all’Iva, perpetrato attraverso il ricorso sistematico a false fatturazioni, per un importo complessivo di oltre 8 milioni di euro, del quale hanno beneficiato numerose imprese operanti nello specifico settore.
Sono state individuate 21 società le quali, frapponendosi nella filiera commerciale, consentivano ai soggetti beneficiari della frode di evadere l’imposta sul valore aggiunto e di praticare prezzi inferiori a quelli di mercato. Tali società hanno infatti permesso a vari imprenditori del settore di costruirsi un ingente credito d’imposta fittizio, da trasferire a propria volta a diversi rivenditori di autoveicoli, mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, anche sfruttando l’interposizione di una o più società “buffer”.
Meccanismo fraudolento che, inoltre, veniva reso ancora più sofisticato attraverso l’alterazione dei documenti di acquisto utilizzati per la richiesta di immatricolazione dei veicoli oggetto di compravendita.
Gli stessi veicoli, infatti, sulla carta seguivano l’iter della filiera di vendita, che generava l’indebito credito IVA di cui sopra, mentre nella realtà venivano immatricolati direttamente in capo alla persona fisica acquirente finale. Ciò era reso possibile grazie all’ausilio di un consulente fiscale, il quale redigeva documenti di vendita artefatti, sostituendo alla società interposta il nominativo dell’acquirente finale, simulando così un acquisto esente da Iva in Italia e consentendo ‘immatricolazione del veicolo acquistato fuori dal territorio nazionale.