Santa Maria Capua Vetere. Ha provocato tensione e fatto arrabbiare quasi tutti, dall’accusa alla difesa al presidente del collegio giudicante, la testimonianza, piena di contraddizioni, resa dal teste Luigi Ambra nel maxi-processo ai poliziotti penitenziari per i pestaggi ai detenuti avvenuti nel carcere Francesco Uccella di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020. Ambra era recluso nell’istituto casertano al momento dei fatti e nel processo che vede 105 imputati tra agenti penitenziari, funzionari del Dap – Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, e medici dell’Asl di Caserta, si è costituito parte civile in quanto persona offesa.
Rispondendo in aula alle domande del pubblico ministero Alessandro Milita, Ambra, che in sede di indagine non aveva accusato alcun agente di averlo picchiato, conferma che “nessun poliziotto presente in aula ha usato violenza contro di me quel giorno“. Conferma poi quanto riferito ai carabinieri durante le indagini preliminari, quando aveva raccontato che alle 15 del 6 aprile, cioè circa un’ora prima che iniziasse la perquisizione straordinaria durante la quale avvennero i pestaggi, aveva visto un gruppo di cinque agenti al piano terra che confabulavano.
“Sentii che un ispettore diceva in dialetto «stacc i telecamere», dalla voce mi sembrava l’ispettore Biondi, e poi vidi l’assistente Gabriele Pancaro (imputato) dirigersi verso la sala regia“.
Accuse gravi che però Ambra contraddice nel controesame, in particolare davanti ad uno dei difensori degli agenti imputati, l’avvocato Carlo De Stavola, che assiste Pancaro. De Stavola mostra un video del 6 aprile in cui emerge che Ambra alle 15 non stava al piano terra, ma stava entrando in cella dopo la consueta giornata di lavoro (in quel periodo era un lavorante), e un secondo video in cui si vedeva Pancaro entrare in reparto alle 15.20, avendo quel giorno il turno delle 16. “Lei dunque l’ha visto o no a Pancaro al piano terra?“; “non l’ho visto” ha detto Ambra; “però l’ha accusato“, replica il legale. Anche per Biondi è emerso che il teste si era sbagliato, così come per un altro agente indicato, Pasquale De Filippo, pure lui tra gli imputati.
La tensione sale alle stelle quando De Stavola chiede al teste se avesse mai fornito ad agenti notizie su telefonini che avevano i detenuti. “Ma cosa dice avvocà” sbotta il teste, che poi cambia registro; “sto salvando il c. a parecchia gente – aggiunge – ora incomincio ad accusare“, e indica un agente che era in aula, facendo intendere che se avesse voluto avrebbe potuto accusare agenti mai indicati di averlo pestato.
Il presidente della Corte d’Assise Roberto Donatiello, su richiesta dei difensori, sospende l’udienza per decidere se interrompere il verbale e far sentire Ambra non più come teste ma come concorrente nei reati commessi dagli agenti, con la presenza obbligatoria di un avvocato. Donatiello conclude però che Ambra resti teste, avvertendolo sulla possibilità che la Corte possa contestargli la falsa testimonianza.
Quando riprende l’udienza, a domanda di chiarimento da parte del PM Milita, Ambra specifica che le persone cui “sta salvando il…” non sono gli agenti, ma “quelli che stanno venendo a testimoniare qui, che dicono cose non vere mentre io dico la verità“. Il PM si arrabbia ma l’esame di Ambra si conclude. “Può andare – gli dice Donatiello – e anche molto velocemente, glielo consiglio“.
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