Casal di Principe. “Questa è una vittoria di chi ha sempre creduto che la camorra si potesse battere. Che questa notizia arrivi nel trentennale della morte di don Peppe Diana è ancora più significativa. È la vittoria dei giovani, di chi non si è arreso, di chi ha avuto sempre la schiena dritta.
Che questa collaborazione possa chiarire tante cose ancora non chiarite in questo territorio, che possa dare un senso alle tante morti di questo territorio. Sia restituito il maltolto alla comunità”.
Così Salvatore Cuoci, presidente del comitato Don Peppe Diana, commentando la decisione del boss di Casalesi, Francesco ‘Sandokan’ Schiavone, di collaborare con la giustizia dopo 26 anni di carcere.
A 70 anni, 26 anni dopo la sua cattura in un bunker a Casal di Principe dove era con la moglie Giuseppina Nappa e le figlie, il capo dei Casalesi, Francesco Schiavone, noto con il soprannome di Sandokan, ha iniziato a collaborare con la giustizia. Il pentimento del boss, anticipato da un quotidiano locale, Cronache di Caserta, è confermato all’AGI da fonti degli inquirenti.
Uomini delle forze dell’ordine avrebbero già proposto a parenti del capoclan di entrare nel programma di protezione. Francesco Schiavone, negli anni ’80, è diventato il capo assoluto di una delle organizzazioni criminali campane più potenti economicamente e militarmente, con interessi ramificati in molte regioni.
La sua carriera inizia come autista del boss Umberto Ammaturo e con un arresto nel 1972 appena 18enne, per detenzione e porto di arma da fuoco, ma ben presto è stato uno dei protagonisti della guerra di camorra nel Casertano, diventando prima un affiliato al gruppo di Antonio Bardellino e Mario Iovine, leader nella Nuova Famiglia in lotta con la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, e poi il capo della faida interna che fece leva su Iovine (cui era stato ucciso il fratello Domenico per ordine di Bardellino) per eliminare il capoclan in Brasile nel 1988, prendendo subito dopo il controllo dei Casalesi. Con Schiavone, inoltre, inizia l’infiltrazione del clan in diversi settori dell’economia legale e nella politica.
Le sue rivelazioni potrebbero aiutare gli inquirenti non solo a ricostruire un pezzo di storia della camorra, individuando mandanti e autori di omicidi e agguati, ma anche a capire gli assetti attuali dei Casalesi. Schiavone ha avuto diverse condanne, anche per omicidio, la piu’ nota delle quali all’ergastolo al termine del celebre processo Spartacus, ed e’ al regime di 41 bis, confermato nel gennaio 2018 dalla Cassazione che ha rispinto una istanza di revoca presentata dai suoi legali.
Tra i familiari cui è stato offerto di entrare nel programma di protezione il figlio Ivahnoe. Prima di Sandokan, avevano decido di collaborare con la giustizia i figli Nicola, nel 2018, e poi il secondogenito, Walter, nel 2021.
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