Grazzanise. Nella giornata di ieri, 7 aprile 2024, ad 84 anni è volato al Cielo padre Francesco Monticelli, pugliese d’origine, monaco camaldolese ed esperto biblista, che ha trascorso gli ultimi anni della sua vita a riposo presso l’ “Istituto San Francesco srl” di Curti, proiezione attuale della Casa Albergo per Anziani “Opera Pascale srl” affidata alla Congregazione Suore Francescane dei Sacri Cuori di Capua.
Padre Monticelli, autentico “maestro di Carità”, trascorse a Roma gli anni della formazione giovanile, impegnandosi soprattutto nello studio e nell’insegnamento delle Sacre Scritture. A metà degli anni Novanta gli fu affidata la cura delle anime della parrocchia Sant’Antonio di Padova, in contrada Mazzafarro nel Comune di Castelvolturno. In seguito, è stato parroco della SS. Annunziata di Grazzanise per 24 anni, subentrando a don Salvatore Gravina passato all’Eternità il 6 dicembre 1997 dopo 42 anni di ministero sacerdotale.
Ebbe inizio così un’avventura morale, spirituale e civile che vide padre Francesco intrepido sostenitore del rinnovamento liturgico, ma nel contempo attento a colmare alcuni vistosi vuoti strutturali e di servizio religioso. Instancabilmente lavorò alla ridefinizione degli assetti operativi interni (talvolta perfino suscitando reazioni fra i fedeli storicamente più assidui nella vita della Chiesa locale), ma si dedicò alla diffusione della cultura evangelica (Settimane bibliche), alla raccolta di oggetti, medicinali, prodotti commestibili e denaro che consegnava direttamente ai bisognosi. Durante il suo parrocato, di certo non si verificarono “allegre gestioni” come da qualche parte avveniva nel campo del sostegno continuativo ai poveri. In parallelo, letteralmente si tuffò nella ricerca spasmodica di finanziamenti della Curia arcivescovile, in quelle consecutive fasi che videro alla guida dell’Arcidiocesi capuana prima mons Bruno Schettino e poi mons. Salvatore Visco. E’ morto appena due mesi dopo l’arrivo del nuovo pastore mons. Pietro Lagnese.
Padre Francesco amava muoversi in mezzo alla gente, si tratteneva nelle botteghe di artigiani e nei negozi, frequentava le case dei parrocchiani, era di battuta pronta e sovente sarcastica: esemplare in questo – a confronto con la tendenza dominante in un certo clero a privilegiare le sacre pareti – ma parimenti esemplare come fervente postulante ed interlocutore critico delle civiche Amministrazioni. Egli non cercava né il “quieto vivere” né il consenso facile: un atteggiamento che ovviamente lo portava a lottare contro la burocrazia, anche controllando una certa giusta furia causata dai ritardi e dagli andirivieni che era costretto a tollerare. Celebre e addirittura paradossale la “battaglia” che ingaggiò per la rimozione di una cabina elettrica dell’Enel impiantata nello spazio attiguo alla chiesa cui non fece mancare restauri aggiuntivi a quello che aveva realizzato don Salvatore.
A squilibrare siffatta linea tendenziale viaggiò comunque l’irrisolta questione del Consiglio pastorale azzerato e, più in generale, il laicato disperso: su questa scia non sopravvisse alcuna associazione preesistente, eccetto il Movimento dei Focolari e Rinnovamento dello Spirito, né ne sorse alcuna nuova.
Padre Francesco aveva capito che la comunità dei cattolici grazzanisani aveva bisogno di strutture e servizi che facilitassero le preghiere, gl’incontri, i dialoghi, le attività riservate a varie fasce di età (bambini, giovani, adulti), insomma la creatività religiosa. Sicché, attraversando alterni frangenti, ottenendo tuttavia contributi e consulenze dalla Curia, sovente bussando al Comune, alla Provincia e alla Regione, fu felice di vedere concretizzati vari suoi progetti. Avrebbe dovuto avere almeno trent’anni di meno per poter passare ad un’epoca più concentrata sull’interiorità, egli che aveva ben compreso quanto le “pastorali” efficienti ed efficaci abbiano bisogno di appassionati pastori e di accoglienti “ovili”.
Sistemata la chiesa dell’Annunziata, provvide all’acquisto di una palazzina di Via Battisti comprensiva di canonica che chiamò “Casa San Francesco”: inizialmente fu sede di cineforum e di dibattiti. Si adoperò inoltre per l’abbattimento di un fatiscente stabile già sede dell’asilo comunale, realizzandovi un funzionale oratorio che servì per riprendere attività catechetiche e ricreative per fanciulli e ragazzi. Poi non lesinò energie per far sorgere a ridosso dell’argine sinistro del Volturno un centro sportivo aperto a tutti i giovani grazzanisani che intitolò “Campetti Santa Massimiliana” (in omaggio alla nostra concittadina capace, per grazia divina, secondo la leggenda popolare, di catturare, con un semplice filo di spago il terribile cinghiale che sconvolgeva le battute di caccia di re Ferdinando). Infine pensò alla costruzione, nell’area meridionale del centro urbano, di un grande auditorium per 400 posti a sedere (forse interpretando alcune sensibilità particolarmente spiccate fra i cultori della musica); con modifiche lo portò quasi al completamento, quando cominciarono a far capolino dei disturbi neurologici aggravandosi i quali, nel maggio 2020, fu collocato in pensione.
La maggioranza del popolo ha apprezzato un cammino così fertile e destinato a lasciare nel tempo la traccia tangibile delle opere che in ogni caso restano a disposizione dell’intera comunità; qualcuno ne ha un ricordo non piacevole, ma i molti conservano intatte la stima e la riconoscenza. Sono ragioni più che sufficienti, a nostro parere, per intitolare l’ultima sua “creatura”, l’auditorium che non ha nome, proprio al padre “Francesco Monticelli”. Rilanciamo una proposta che riteniamo opportuna e significativa in una realtà che nell’ultimo sessantennio, eccezion fatta per il costosissimo stadio comunale dedicato al giovane “Raffaele Massaro”, non ha registrato grande attenzione agli uomini e ai personaggi illustri del posto. Bene, se dovesse passare l’appello. Diversamente, lo stesso padre Francesco sorridente, le cui spoglie arriveranno oggi – alle 14,30 – nella chiesa in cui celebrò innovativamente innumerevoli Sante Messe, altri riti e liturgie, sarà velocissimo a dirci: “Sorelle e fratelli, non feci erigere l’auditorium per farmelo intestare, ma per organizzarvi tanti concerti, almeno uno al bimestre!”.
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