Santa Maria Capua Vetere. Ha preso manganellate su testa e schiena al carcere Francesco Uccella di Santa Maria Capua Vetere durante le violenze commesse dagli agenti penitenziari il sei aprile 2020, ma non ha denunciato nulla, “perché così ho reagito“, e perché “ad ogni azione corrisponde una reazione, come sta succedendo tra Israele e Palestina“.
Si è espresso così, al maxi-processo per i pestaggi avvenuti poco più di quattro anni fa al carcere casertano e in corso all’aula bunker dello stesso istituto – 105 imputati tra agenti penitenziari, funzionari del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e medici dell’Asl di Caserta – il teste 49enne Jarni Johnson, originario del Benin e residente nella località di Pescopagano a Castel Volturno.
Johnson fa parte di un gruppetto di una cinquantina di detenuti tutti vittime delle violenze nel 2020 ma costituitisi parte civile solo dopo aver ricevuto l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare (metà 2022). Molti di loro, dopo le violenze, non denunciano né furono sentiti dai carabinieri e dal Nucleo Investigativo Centrale (Nic) della Polizia Penitenziaria, delegati dalla Procura a raccogliere i racconti dei pestaggi. E quando gli investigatori si recarono da loro nella seconda metà del 2022, dopo che gli avvisi per l’udienza preliminare erano stati notificati, in molti, come Johnson, si rifiutarono di parlare, pur costituendosi nel processo. Si tratta di teste sui cui racconti non c’è stato alcun controllo preventivo né da parte della Procura, che li ha citati come propri testimoni, né dei difensori, e che possono dunque riservare sorprese, anche a favore degli stessi imputati.
Del gruppetto di cinquanta, ne sono stati sentiti nelle ultime udienze una trentina; in molti hanno sbagliato i riconoscimenti degli agenti, altri hanno parlato a favore dei poliziotti o comunque hanno fornito indicazioni generiche, dovute al fatto che tutti sono stati effettivamente picchiati, ma non rilevanti sulla personale responsabilità degli imputati. Come appunto Johnson, che ha ammesso di essere stato malmenato dalla fila di agenti con caschi e manganelli presente nel corridoio del carcere – quella fila che si vede dai noti video dei pestaggi – spiegando però di non aver riconosciuto nessuno in servizio nella sua sezione a Santa Maria Capua Vetere.
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