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Maxi-processo violenze carcere: raffica di certificati medici per non testimoniare, teste smentito dal PM

Santa Maria Capua Vetere. Emorragia di testimoni, limitata per ora nel numero ma comunque preoccupante, al maxi-processo sulle violenze avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020, in cui sono imputati 105 tra agenti penitenziari, funzionari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e medici dell’Asl di Caserta.

Già quattro i detenuti presunti vittime di pestaggi, costituitisi parte civile e dunque interessati al processo e a confermare le accuse rivolte agli agenti in fase di indagini preliminari, che nelle ultime udienze hanno inviato certificati medici per esimersi dal testimoniare. In due si sono poi presentati mentre la Corte ha già disposto nelle scorse settimane per uno di loro, Ciro Motti, l’accompagnamento coattivo.

Stessa sceneggiata all’udienza odierna, dove, in un primo momento, era atteso il teste Antonio Flosco, detenuto al carcere di Poggioreale. Teste importante perché avrebbe dovuto confermare uno degli episodi più brutti contestati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, ovvero di essere stato “violato” con un manganello dagli agenti alla ricerca di un microcellulare nascosto.

Anche stamattina dal carcere napoletano è arrivato un fax firmato dal medico in cui si diceva che Flosco aveva una “febbricola” e “non poteva essere tradotto“. Il Piemme Alessandro Milita ha sottolineato che quello di Flosco non gli sembrava un impedimento rilevante e ha chiesto l’accompagnamento coattivo.

Il presidente del collegio di Corte d’Assise Roberto Donatiello ha poi letto un’ulteriore comunicazione proveniente dal carcere di Poggioreale in cui il medico specificava che il “non” era errato e che il detenuto poteva essere tradotto ma non voleva venire a testimoniare. A quel punto Donatiello ha disposto l’accompagnamento coattivo e sospeso l’udienza.

Flosco è giunto in aula con diverse ore di ritardo. Dal banco dei testimoni ha raccontato che il 6 aprile le guardie si erano recate in cella per picchiare lui e il fratello Massimo. “Mi fecero spogliare nudo volevano il cellulare ma io non lo consegnai. Così mi fecero rivestire e mi portarono giù in un’altra cella, dove c’era la coperta a terra” dice Flosco. Quindi sarebbero seguite le torture.

Il PM Milita ha però subito contestato, con varie argomentazioni, la versione resa da Flosco, che, mettendolo alle strette, alla fine ha ammesso di non aver subito alcuna tortura in quel frangente, ma tante botte alla testa e al corpo.

Redazione

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