Caserta. Da badante amorevole e pieno di attenzioni ad angelo della morte: è la choccante storia del 48enne napoletano Mario Eutizia, che ieri mattina si è recato dai carabinieri di Caserta e si è autoaccusato (supportato dagli avvocati Antonio Daniele e Gennaro Romano) di quattro omicidi, tutti di persone presso cui aveva svolto il ruolo di badante. L’uomo è stato fermato e condotto in carcere su disposizione della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere.
“L’ho fatto per portarli dolcemente alla morte, per compassione e misericordia cristiana e perché erano malati e soffrivano”, ha spiegato il 48enne al pubblico ministero Annalisa Imparato, cui ha raccontato di aver somministrato agli anziani assistiti dosi massicce di farmaci sedativi come il Talofen e il Trittico, fino a quattro volte in più di quelle prescritte. Farmaci che lui stesso conosceva bene perché li assumeva, essendo paziente oncologico proprio come i suoi assistiti.
Come loro dunque soffriva, e proprio quella sofferenza – ha spiegato – non riusciva più ad affrontarla e a sopportarla. “Ho deciso di confessare per essere aiutato a non uccidere più, perché potrei continuare a farlo, essendo consapevole di non poter reggere ad una sofferenza tale”, ha detto al pm, vestendo i panni di un vero e proprio “angelo della morte” e ben consapevole di tale sua missione. Due dei delitti confessati dal badante risalgono al 2014, quando avrebbe ucciso i primi due anziani a Latina, al momento non ancora identificati.
I carabinieri di Caserta hanno potuto invece accertare l’identità degli ultimi due decessi raccontati da Eutizia, avvenuti pochi mesi fa: quello dell’89enne Luigi Di Marzo, morto a Casoria (Napoli) nel dicembre scorso, e del 96enne Gerardo Chintemi, deceduto a Vibonati (Salerno) nel marzo di quest’anno. I militari hanno contattato i parenti dei due anziani, constatando che Eutizia aveva prestato servizio come badante presso entrambi, e che a Vibonati era stato anche denunciato dai carabinieri per aver rubato l’auto dell’anziano dopo la sua morte.
Il 48enne ha raccontato di aver sempre goduto della fiducia dei familiari delle persone che assisteva, di averne curate decine negli anni, e che per questo aveva potuto somministrare senza essere visto le dosi quadruplicate di farmaci alle quattro vittime. Il sospetto, ora, è che vi possano essere altre vittime di cui non ha parlato, classificate come morti naturali.
La vicenda è venuta alla luce ieri, quando Eutizia, da piazza Sant’Anna a Caserta, ha contattato i carabinieri, dicendo loro di voler confessare alcuni omicidi. La pattuglia dell’Arma si è portata sul posto e ha accompagnato Eutizia al Comando provinciale di via Laviano, dove il 48enne, che vanta precedenti penali per furto, truffa, danneggiamento, appropriazione indebita, ma nessun reato contro la persona, ha riferito ciò che aveva fatto, partendo dal 2014, quando era a Latina e aveva assistito in diversi periodi due anziani gravemente malati.
I carabinieri hanno provato a fare veloci ricerche ma al momento l’identità delle due vittime laziali non è stata accertata. Più facile invece è stato il riscontro per i due casi più recenti, di Casoria e Vibonati. In tutti e quattro i casi le morti degli anziani sono state classificate come morti naturali, per cui ora si dovrà probabilmente procedere a riesumare i cadaveri per un esame autoptico. Peraltro, la competenza territoriale potrebbe non essere della Procura di Santa Maria Capua Vetere, essendo i delitti avvenuti altrove. Ma per ora Eutizia resta in carcere, almeno fino alla convalida del fermo da parte del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la cui udienza non è stata ancora fissata.
Secondo il pubblico ministero, “la somministrazione lenta e continua di dosi massicce di farmaci potenzialmente letali ove abbinati, compendiata dal desiderio di veder cessare l’agonia degli anziani, non può che dimostrare che Eutizia, conoscitore delle caratteristiche dei farmaci sia per l’esperienza lavorativa che per l’assunzione personale in quanto già paziente oncologico, voleva cagionare la morte dei suoi assistiti. Una morte certa in considerazione dell’età degli stessi e delle critiche condizioni cliniche”. Durante l’interrogatorio cui è stato sottoposto, il badante, si legge nel provvedimento di fermo, “confessava di aver deciso di somministrare dosi massicce di farmaci – in reiterate circostanze e in ampio lasso temporale – in quanto spinto da una profonda compassione e pietà per gli stessi (pazienti – ndr), consapevole che una perdurante assunzione li avrebbe accompagnati dolcemente verso la fine. Infatti, come dallo stesso Eutizia ammesso, nessuno si accorgeva delle dosi quadruplicate in quanto nessuno de familiari assisteva al momento della somministrazione”. E “non può non assumere pregnante rilievo la richiesta avanzata da Eutizia al Pm di essere aiutato a non ‘uccidere più’ perché, ove si fosse trovato nelle medesime condizioni, a suo dire avrebbe potuto uccidere ancora ben conscio di non poter reggere una sofferenza tale”.
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