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Cultura

“Ragazze Perbene” di Olga Campofreda, una porta sul mondo e sull’anima: la recensione

Caserta. Un libro che si legge in un soffio, veloce, tagliente e incisivo. Lascia un solco sulle pendici dell’anima di quel lettore sensibile, a tratti nostalgico, ma che non può fare a meno di andare oltre. Se poi il lettore in questione è un casertano che tra gli anni 90 e 2000 ha vissuto la sua giovinezza, il tutto diviene magia. Si rivive in quei vicoli, in quelle strade, nella calura e nelle cave a cielo aperto, nel ponte di Ercole spesso chiuso al traffico e nei racconti che si tramandano, nelle voci che si rincorrono più veloci della fama.

“Ragazze Perbene” è il libro che Olga Campofreda, autrice casertana anche se attualmente a Londra, ha inchiostrato per NN Editore. Le 224 pagine rappresentano uno spaccato di una vita, quella di Clara, la tipica “ragazza perbene” che vive in una città come Caserta in cui il pettegolezzo è dietro ogni commento, la discordanza dalle linee dritte è sintomo di stranezza e che soprattutto vede i sogni incapsulati in pillole di strereotipi che devono essere rispettati alla lettera. Una protagonista che fugge dalla Caserta che l’ha vista crescere, che sceglie di essere libera di vivere le sue esperienze lontano da quegli sguardi sempre indiscreti, dietro le tapparelle consunte di una città pettegola e cinica, che non risparmia mai il suo giudizio.

Si rivede tutto quel “fascino” borghese per cui alle professioni lavorative più remunerative corrispondono benefit e status symbol ben individuabili, in cui la linea di demarcazione tra giusto e sbagliato si riconduce alla semplice appartenenza a questa o a quella marca. Un mondo in cui i sentimenti sono fragili castelli di carta pronti a dissolversi nel nulla, alla logica dell’apparenza, di quel “pare brutto” che dominava le generazioni anni 70-80 e che sono la sovrastruttura che ha visto crescere i figli di quel pensiero. Caserta si scopre panorama perfetto e non perchè set cinematografico d’elite che con la sua Reggia ricorda il Vaticano: è un intricato guazzabuglio di reale ed essoterico in cui le vicende si snodano, quasi uno scenario degno del “Grande Fratello” di Orwell nel quale sono le leggi non scritte a fare la differenza. Un capovolgimento dell’Antigone di Sofocle a tutti gli effetti.

E’ forte e avvincente il racconto dell’adolescente Clara, che diviene donna come vuole, come sa, con le sue esperienze e rifiutando il confort spot che le potrebbe calzare a pennello, come al suo contrappunto, la cugina Rossella. Il racconto di Clara è onesto, spregiudicato, a tratti anche sardonico ma soprattutto sincero fino al midollo, ed il raffronto con l’ipocrisia casertana che l’ha portata a fuggire è marcato, rende giustificazione e acuisce il coraggio della protagonista. Rispettare le etichette, obbedire, non essere mai la voce fuori dal coro possono plaffonare l’esistenza di una giovane donna che non è come “gli altri” vorrebbero. La lascia sola e in pericolo, forse, ma non per questo Clara deve essere salvata qualcuno. Sono i suoi pensieri, il suo talento, la sua sagacia a salvarla da sola, a dire che i mezzi che ha a disposizione basteranno, a crearsi un nuovo mondo e una nuova posizione all’altezza di ciò che desidera, senza compromessi.

Con una scrittura pulita, mai banale ed a tratti evocativa, Olga Campofreda racconta perfettamente quel sentimento del sentirsi spesso inadeguate rispetto a chi ci circonda, che è bilanciato dallo slancio di libertà e dalla voglia di ribellarsi al destino già scritto di una giovane donna, che esprime la sua voce e i suoi pensieri, che fa scorrere le sue azioni in sequenza, anche senza curarsi delle conseguenze che ne potranno derivare. Un romanzo forte e che si fa cassa di risonanza rispetto a quella che purtroppo è la condizione di tante donne ancora oggi, nonostante il progresso tecnologico, nonostante l’emancipazione e la parità di diritti. Nonostante tutto. 

C’era una frase che l’autrice fa pronunciare alla sua Clara su Caserta, e che racchiude appieno la generazione di tanti casertani: “essere cresciuti in una città senza un cinema, senza una libreria“. Non si cerchiano le frasi sui libri, ma ammetto di averci rimuginato sul farlo o meno. Questo libro, che è tra i candidati al Premio Strega, dimostra, forse, in piccola parte, che nonostante tutta questa mancanza di cultura, dalla Caserta città di plastica è comunque emersa una piccola entità vivente, che forse sotto le ceneri, qualche piccolo tizzone di speranza è ancora acceso.

Redazione

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