Caserta. L’idolatria parossistica verso i vizi e gli eccessi più turpi e disfunzionali rivela quasi sempre una dignità deficitaria, blandita dalla prostrazione supina al proprio demone insulso. Si tratta di una forma di volgare servilismo alla quale non sfugge, neanche il soggetto incline alla ludopatia.
Guitto, meschino, sbracato, grottesco e impaludato nel suo ego turrito e maleodorante: è questo in buona sostanza l’identikit del vassallo indefesso delle scommesse perenni. Poco importa se gli affetti di una vita e la stima della famiglia si diradano fino a dileguarsi del tutto dietro le scelte infelici e sediziose del giocatore più compulsivo.
Dopo tutto, rimane sempre la morte, un’occasione ghiotta e imperdibile per sciorinare le proprie ombre malvage e la coscienza corrotta dalla menzogna. E se si potesse scommettere e speculare anche sulla propria morte, che male ci sarebbe? Perché non osare anche il suicidio se la posta in gioco e’ proprio la celebrazione di se stessi, ancora una volta? Del resto, occorre più coraggio a dimostrare di non aver vissuto una vita grama, priva di segni da lasciare, che a gettare la propria esistenza nelle fauci del più becero autocompiacimento.
Ed è così che il varco di un precipizio si trasforma nel sontuoso lavacro dei propri fallimenti e, al contempo, in un tappeto di velluto sul quale ostentare astratte vittorie, patetica autocommiserazione e alibi di cartapesta. Rendere tutta la complessità e la tragicità dei predetti concetti attraverso l’ arte del Cinema senza scadere nella retorica della scontatezza è un’impresa assai ardua.
Non lo è stata di certo per il regista napoletano Enzo Morzillo che ha saputo estrinsecare con feconda dovizia di particolari e lodevole sintesi espressiva le suddette riflessioni in un cortometraggio di notevolissimo impatto emotivo e psicosociologico, intitolato “L’ultima Scommessa“.
La visione di Morzillo, noto per diversi film e sceneggiati offerti dalle TV regionali di tutta Italia, oltre che per il riconoscimento del Giffoni Film Festival ottenuto nel 2015, in tal guisa, si colloca dinanzi “all’invetriata” di Dino Campana per cogliere ed intercettare con esaltante originalità, carattere e puntualità, un’ altra nota dolente dello squallore umano, spesso sottaciuta o bypassata per il tornaconto di uno Stato sempre più miope ed assente, specie in ordine ai drammi economici e sociali.
Dunque, non resta altro che condividere “L’ultima Scommessa” e apprezzare il regista Morzillo per aver saputo estrinsecare con spesso slancio emotivo, orrori, insidie e insanabili contraddizioni che il gioco può implementare negli individui più nichilisti ed autoreferenziali. Il messaggio del regista Morzillo è chiaro: scendere a patti con chi vive di deliri di onnipotenza è empiricamente inutile, anche se nelle proprie vene scorre il suo stesso sangue.