Caserta. Dalla storia di Svetlana, trent’anni, arrivata con la figlia a Maddaloni in fuga dalla guerra in Ucraina, a quella di Pasquale, che di anni ne ha quasi il doppio, e da Caserta non si è quasi mai mosso, ma qualche anno fa ha perso il lavoro e da allora si arrangia come può. Sono due delle diecimila persone che popolano l’universo della Caritas diocesana di Caserta.
I nomi sono di fantasia, ma le vite di Pasquale e Svetlana sono reali, e compongono il mosaico ricostruito dal Dipartimento di Economia dell’Università Luigi Vanvitelli attraverso un’indagine sul campo durata oltre un anno, allo scopo d’indagare le povertà nella diocesi di Caserta. Ciò che è emerso è che sempre più donne e stranieri si rivolgono ai Centri d’ascolto della Caritas, e anche famiglie quasi benestanti fino a pochi anni fa.
La Ricerca dell’Università Vanvitelli e della Caritas sui Comuni della Diocesi di Caserta
La ricerca sui nuovi poveri è stata presentata oggi al Rettorato di Caserta alla presenza del rettore Gianfranco Nicoletti e del Vescovo Pietro Lagnese. Lo studio, coordinato dal docente Francesco Izzo, è frutto di un accordo siglato nel 2021 dall’Ateneo e dalla Caritas Diocesana di Caserta (guidata da don Antimo Vigliotta), alla quale fanno riferimento 365 volontari che animano i 47 Centri di ascolto dislocati nei cinque comuni che ricadono nella diocesi del capoluogo – Caserta, Maddaloni, San Nicola la Strada, Recale e parte della città di Marcianise – e che assistono 10mila beneficiari. Si tratta di un territorio che conta oltre 200 mila abitanti.
L’indagine si è basata su un campione di 1.835 persone con dati raccolti tra aprile e settembre del 2023, grazie alla partecipazione dei volontari e di alcuni giovani inseriti in percorsi di messa alla prova. A rivolgersi ai Centri d’ascolto, è emerso, sono soprattutto donne di età compresa fra i 55 e i 64 anni. Significativa, e in crescita, la quota di cittadini stranieri, oltre il 26%, in cui sono rappresentati ben 36 paesi, con una forte prevalenza di cittadini ucraini, seguiti poi da utenti provenienti dall’Albania, dalle Filippine, dal Senegal.
Più vulnerabili sono le famiglie con figli minori, quelle con patologie mediche e debiti accumulati, quelle con contratti di lavoro irregolari o senza lavoro. Sono in aumento i poveri che lavorano, i working poor, schiacciati da inflazione e costi dell’energia. E crescono i “poveri urbani soli”, pensionati senza figli o con figli lontani che al deficit di beni materiali devono aggiungere l’erosione dei beni relazionali provocata dalla solitudine.
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Il 19,2% delle famiglie italiane e il 10,4% di quelle straniere assistite dalla Caritas lo ha percepito nel corso dell’anno. Il ricorso ai Centri d’ascolto si è accentuato negli ultimi anni, con sempre più famiglie, molte fino a poco tempo fa in condizioni di relativo benessere. Oltre il 36% di chi si è recato in uno dei centri della Diocesi l’ha fatto per la prima volta negli ultimi due anni.
Sono di gran lunga le povertà materiali e le difficoltà economiche a essere indicate come il fattore determinante che spinge i beneficiari delle attività della Caritas a rivolgersi a un Centro d’ascolto. Quasi il 55% del campione lo ha considerato quale bisogno principale.
I problemi del lavoro e la ricerca di un’occupazione sono avvertiti dal 21,4% degli utenti, mentre per il 9,5% il bisogno principale in qualche misura è riconducibile alla condizione di migrante. Tra i servizi offerti dalla Caritas a dominare è la categoria dei beni e dei servizi materiali, in particolare il pacco alimentare indicato da oltre l’81% degli utenti dei Centri d’Ascolto, senza differenze tra cittadini italiani e cittadini stranieri. I servizi di ascolto sono prestati al 43% del campione, i sussidi economici all’11%, i contributi per visite mediche e l’acquisto di farmaci al 9%.