È possibile che anche in caso di invalidità al 100% l’indennità di accompagnamento venga negata? Scopriamo cosa dice la legge.
In Italia l’indennità di accompagnamento è un contributo di tipo assistenziale-economico erogato mensilmente a tutti i malati gravi e non autosufficienti. In particolare essa viene erogata ai disabili previo il riconoscimento ufficiale dell’inabilità totale (al 100%) e permanente.
In altre parole, presentandosi davanti a una commissione sanitaria, è necessario che essa accerti il grave stato di salute del soggetto. Nonché il suo bisogno di assistenza costante anche per svolgere funzioni base quali il camminare, il mangiare o il lavarsi.
Per il 2024 l’assegno dell’indennità di accompagnamento corrisponde a 531,76 euro al mese, erogati indipendentemente dal reddito del malato. Ogni anno questa cifra subisce degli aggiustamenti, dovuti principalmente ai tassi di adeguamento inflazionistico.
Indennità di accompagnamento: in quali casi viene sospesa e in quali casi gravi non spetta
A questo punto, però, ci si potrebbe chiedere se l’indennità di accompagnamento sia permanente una volta ottenuta. E soprattutto se un’inabilità al 100% corrisponda inequivocabilmente all’indennità. Le risposte a queste due domande sono rispettivamente no e no.
Innanzitutto l’indennità di accompagnamento può essere revocata, anche in casi gravi. Quando un paziente viene ricoverato in una struttura sanitaria statale (comprese le RSA) per più di 29 giorni, perderà il contributo per l’accompagnamento. Nel caso di strutture sanitarie private, invece, non si perde il diritto al contributo.
Inoltre l’indennità non spetta neanche se la persona è prossima al decesso, ad esempio in caso di terapie palliative a domicilio per malati terminali. Gli inabili al 100% hanno diritto all’indennità solo se le loro condizioni di salute o le terapie che stanno seguendo comportano una totale mancanza di autonomia.
Ne consegue che anche in caso di terapie per patologie molto gravi, ad esempio chemioterapia, non necessariamente si ottiene il diritto all’indennità. In altre parole non è tanto la malattia grave a determinare questo diritto, quanto piuttosto i suoi riflessi sulla possibilità di compiere le attività quotidiane in modo indipendente e senza assistenza di familiari o badanti.
In questo senso, dunque, l’indennità di accompagnamento si differenzia da altri tipi di trattamento economico assistenziale come la pensione di invalidità civile. Quest’ultima, infatti, viene erogata anche con percentuali di invalidità pari o superiori al 74%.
Bisogna però tenere presente che questo contribuito è attribuito su base reddituale. Gli invalidi al 100% devono avere un reddito annuo massimo di 19.461,12 euro, mentre gli invalidi parziali di 5.725,46 euro. Superando queste soglie si perde il diritto alla pensione di invalidità.