I periodi neutri per la pensione vanno a penalizzarci da un punto di vista contributivo: impariamo a riconoscerli così da evitarli.
Quando si parla di pensionamento e prepensionamento, sono molte le variabili da prendere in considerazione. In generale si può affermare che l’età pensionabile sia fissata a 67 anni sia per gli uomini che per le donne: è allora che si può accedere alla cosiddetta pensione di vecchiaia.
Allo stesso tempo, però, si possono prendere in considerazione anche una serie di finestre di prepensionamento stabilite dalle leggi. Per il 2025, ad esempio, è stata prorogata la cosiddetta Opzione Donna, che permette alle donne di andare in pensione in anticipo, a patto che si rientri in alcuni requisiti.
Insomma, parlare di un’età pensionabile certa potrebbe essere difficile, anche perché il versamento dei contributi potrebbe essere inficiato da alcuni fattori. Un esempio lampante di ciò sono i cosiddetti periodi neutri per la pensione.
Periodi neutri: come incidono sul calcolo contributivo e quindi sulla pensione
Con questa espressione si fa riferimento a quei momenti della vita lavorativa di un individuo che, essendo caratterizzati da eventi particolari, non vengono conteggiati ai fini del raggiungimento dei requisiti contributivi per la pensione.
Alcuni esempi di periodi neutri possono essere:
- congedi non retribuiti;
- disoccupazione non indennizzata;
- malattie o infortuni non coperti da contribuzione;
- periodi di formazione o studio;
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sospensioni dell’attività lavorativa non indennizzate.
Queste evenienze vanno a incidere sul calcolo contributivo e possono dunque determinare alcuni limiti in merito di raggiungimento dei requisiti pensionabili. Poniamo ad esempio il caso di un lavoratore che decida di versare dei contributi volontari all’INPS al fine di raggiungere i requisiti per la pensione.
Per poter essere autorizzati dall’ente di previdenza è necessario poter far valere nei 5 anni precedenti alla richiesta almeno 3 anni di contributi. Ma cosa accade se in quei 5 anni si frappongono i periodi neutri? In tal caso è necessario iniziare il conteggio dagli anni contributivi precedenti.
Ciò significa che i 3 anni di contributi necessari devono essere stati versati nei 5 anni effettivi in cui il lavoratore abbia versato i contributi, dunque escludendo i periodi neutri. Vi sono poi i casi di cosiddetta contribuzione figurativa, come il servizio militare, la maternità o la malattia non indennizzata, che non devono essere confusi coi periodi neutri.
È dunque tenere ben presenti i periodi neutri e tutte le altre eventualità, al fine di poter fare i propri calcoli correttamente.