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Economia

Pensioni, la nuova stangata: assegno Inps più basso per chi smette di lavorare quest’anno

Bruttissima stangata per chi andrà in pensione quest’anno: l’assegno Inps sarà più basso rispetto a quello di chi ha smesso di lavorare nel 2024. Vediamo cosa è cambiato.

Le pensioni in Italia già non brillano in quanto ad importi: secondo le stime, ad oggi, gli assegni Inps percepiti dai pensionati italiani sono tra i più bassi in Europa. A ciò bisogna aggiungere che le pensioni vengono tassate con le stesse aliquote Irpef degli stipendi e che il costo della vita in Italia, negli ultimi 3 anni, è notevolmente aumentato.

Già così il quadro appare piuttosto desolante ma non è ancora finita perché il 2025 ci porta una nuova stangata: chi smetterà di lavorare quest’anno e accederà alla pensione, a parità di età, contributi e stipendio, avrà un assegno più basso di chi è andato in pensione l’anno scorso.

Sembra incredibile in quanto, ogni anno, in virtù della rivalutazione le pensioni dovrebbero aumentare e, invece, è proprio così: chi andrà in pensione nel 2025 sarà fortemente penalizzato. La ragione? E’ da rintracciare nel metodo stesso in cui vengono calcolati gli assegni previdenziali. Vediamo tutto nel prossimo paragrafo.

Pensioni più basse nel 2025: ecco il motivo

Anno nuovo e nuova stangata per chi smetterà di lavorare: chi andrà in pensione nel 2025 avrà un assegno previdenziale un po’ più basso rispetto a chi è uscito dal lavoro l’anno scorso. Vediamo nei dettagli che cosa è cambiato.

Pensioni più basse nel 2025: ecco il motivo/Casertanotizie.com

Chi non è più giovanissimo, saprà che il vero anno della svolta per le pensioni non è stato il 2012 – anno in cui è entrata in vigore la legge Fornero – ma il 1996. Nel 1996, infatti, è entrata in vigore la riforma Dini che ha cambiato radicalmente il modo in cui vengono calcolati gli assegni pensionistici.

Fino al 31 dicembre 1995 l’importo della pensione veniva calcolato con il metodo retributivo: si teneva conto della media degli stipendi ricevuti da un lavoratore durante gli ultimi anni di carriera. Questo metodo, molto vantaggioso per i lavoratori, pesava decisamente troppo sulle casse dello Stato. Pertanto dal 1996 le pensioni vengono calcolate con il sistema di calcolo contributivo.

Il sistema di calcolo contributivo tiene conto di 2 fattori:

  • gli anni di contributi versati;
  • l’età anagrafica.

In pratica l’insieme dei contributi versati viene moltiplicato per un numero – il coefficiente di trasformazione – che aumenta con l’aumentare dell’età anagrafica a cui una persona va in pensione. Fin qui dunque tutto chiaro: più tardi si va in pensione e più anni di contributi si maturano, più alto sarà l’assegno previdenziale.

Già ma se i coefficienti di trasformazione vengono abbassati, il risultato finale della moltiplicazione sarà più basso. Ed è successo esattamente questo: sono stati abbassati i coefficienti di trasformazione. Pertanto chi, ad esempio, quest’anno andrà in pensione a 67 anni e con 20 anni di contributi, a parità di stipendio, si ritroverà con una pensione più bassa di chi ci è andato nel 2024 sempre a 67 anni e sempre con 20 anni di contribuzione.

Samanta Airoldi

Sono Samanta, sono nata a Genova ma vivo a Milano da molti anni. Ho conseguito Laurea specialistica e Dottorato in Filosofia Politica e svolgo il lavoro di redattrice dal 2015. Ho pubblicato alcuni libri di Filosofia Politica in chiave "pop" e, nel corso di questi anni, ho lavorato per diversi blog. Mi sono sempre occupata, principalmente, di Politica ed Economia ma, talvolta, anche di lifestyle, benessere e alimentazione vegana essendo io stessa vegana. Le mie passioni principali sono proprio la Politica e l'Economia ma mi interessa anche il settore del benessere.

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