Prepariamoci ad una nuova doccia fredda: non siamo nemmeno giunti alla fine del primo trimestre del 2025 e già arriva una bella stangata sulle pensioni. Molti quest’anno subiranno perdite di quasi 400 euro.
Le pensioni restano il campo più scottante, quello su cui è sempre difficile fare un passo avanti senza correre il rischio di doverne fare due indietro. La manovra di Bilancio 2025 sembrava non aver apportato cambiamenti di grande rilievo ma, evidentemente, non abbiamo fatto attenzione ad un piccolo “dettaglio”.
Il Governo di Giorgia Meloni per questa manovra si è trovato con le spalle al muro: appena 20 milioni di euro a disposizione per fare tutto e l’impossibilità di fare ulteriore debito in quanto l’Europa aveva già avviato la procedura per infrazione. Solo la riconferma del taglio del cuneo fiscale è costa allo Stato ben 10 miliardi.
Va da sé che qualcosa doveva essere lasciato indietro e che da qualche parte era anche necessario recuperare un po’ di “pecunia”. Dunque la rivalutazione delle pensioni si è fermata allo 0,8%, non sono state aggiunte nuove misure di pensione anticipata e, soprattutto, è stato modificato un particolare che causerà ingenti perdite a molti cittadini.
Anno nuovo e coefficienti di trasformazione nuovi. Sì ma, purtroppo per noi, più bassi rispetto all’anno scorso. Questo significa solo una cosa: assegni dell’Inps meno sostanziosi e, in molti casi, le perdite arriveranno quasi a 400 euro. Vediamo tutto nei dettagli per capire cosa sta succedendo.
Per capire la ragione di queste perdite dobbiamo fare un passo indietro e arrivare fino all’anno in cui, per le pensioni, tutto cambiò: il 1996. Nel 1996 entrò in vigore la riforma Dini che cambiò in modo drastico il sistema di calcolo delle pensioni. Fino al 1995, infatti, le pensioni venivano calcolate con il sistema retributivo mentre dal 1996 in avanti è subentrato il sistema contributivo.
Il sistema retributivo, per stabilire l’importo degli assegni previdenziali, teneva conto della media degli stipendi che un lavoratore aveva ricevuto durante gli ultimi anni della sua carriera. Il sistema contributivo, invece, funziona in modo del tutto diverso: moltiplica l’insieme dei contributi versati per un numero che cambia a seconda dell’età anagrafica. Questo numero è il coefficiente di trasformazione.
Il Governo Meloni, con la manovra di Bilancio 2025, ha abbassato i coefficienti di trasformazione e, di conseguenza, le pensioni quest’anno – a parità di contributi, stipendio ed età anagrafica – saranno più basse rispetto a quelle dell’anno scorso. In pratica chi quest’anno andrà in pensione a 67 anni, a parità di contributi e di stipendio, subirà una perdita di 325 euro all’anno.
Chi, invece, per varie ragioni, uscirà dal lavoro non a 67 ma a 70 anni, subirà perdite ancora più importanti. Infatti, secondo i calcoli, chi nel 2025 accederà alla pensione di vecchiaia a 70 anni, a parità di contributi e di retribuzione, riceverà 389 euro all’anno in meno rispetto a chi è uscito dal lavoro nel 2024.
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