Anche quest’anno molti contribuenti potranno avvalersi della prescrizione per i debiti vecchi, ma è bene fare attenzione: non sempre questa procedura è automatica.
Se c’è un cruccio che accomuna moltissimi italiani, quelli sono i debiti. Che siano il risultato di una gestione poco attenta o di difficoltà economiche, può capitare di trovarsi indietro con i pagamenti. Oggi più che mai, però, è necessario fare attenzione, dato che i pignoramenti sono più facili da effettuare nel 2025. Anche un debito modesto può crescere rapidamente a causa degli interessi. Fortunatamente, esiste una normativa che tutela i contribuenti: la prescrizione.
La prescrizione è un meccanismo che fa decadere un debito dopo un certo numero di anni, impedendo al creditore di continuare a richiedere il pagamento. In generale, i debiti fiscali verso lo Stato si prescrivono in 10 anni, mentre quelli verso i Comuni, come la Tari o l’IMU, si prescrivono in 5 anni. Per esempio, se il pagamento della Tari di un anno non viene effettuato entro il termine, il Comune non potrà più esigerlo una volta trascorso il periodo di prescrizione.
Tuttavia, la situazione si complica quando gli Enti, come l’Agenzia delle Entrate o i Comuni, continuano a sollecitare il pagamento, anche per debiti ormai prescritti. In questi casi, ignorare le regole può essere rischioso, perché oltre a dover pagare un debito non più dovuto, potrebbero essere aggiunti interessi e sanzioni.
Come fare valere la prescrizione e cosa succede se non si reagisce?
Anche se i termini di prescrizione sono scaduti, qualora un Ente invii una cartella esattoriale o un sollecito di pagamento, è possibile opporsi, e il tempo per farlo è ancora disponibile. Non è necessario aspettare un atto successivo, come il pignoramento, per sollevare la questione. La prescrizione può essere eccepita fin dal primo avviso di pagamento che venga ritenuto illegittimo, evitando così che la richiesta diventi definitiva.
Se non si reagisce e si lascia che la cartella diventi definitiva, si rischia di dover affrontare un aumento delle somme dovute, a causa di interessi e sanzioni. Il motivo è semplice: una volta che il debito viene considerato ‘consolidato’ e non contestato entro i termini previsti, le azioni esecutive, come il pignoramento, diventano inevitabili.
Nel caso di un debito che si ritiene ormai prescritto, è importante non ignorare la situazione, e i termini per opporsi per esempio a una cartella esattoriale variano in base al tipo di tributo. In generale, si hanno 60 giorni dalla notifica per impugnare la cartella, ma per alcune sanzioni amministrative il termine è di 30 giorni.
Ovviamente, è bene ricordarsi che la prescrizione ha validità dal momento in cui, nel corso degli anni, non è arrivato alcun sollecito: in caso contrario, il calcolo che porta alla prescrizione parte dal momento in cui si riceve un nuovo avviso.
Nel caso il debito sia effettivamente prescritto, è bene difendere il diritto per non essere ulteriormente gravati da un debito che, di fatto, non esiste più. Il silenzio in questi casi può risultare molto costoso.