Caserta (di Antonio Arricale). Il periodo imporrebbe di farci gli auguri di Buon Natale, prima ancora dei felici auspici per il nuovo Anno. E, invece, ci tocca forse innalzare gli occhi al cielo e sperare, cristianamente, nella misericordia di Dio.
Perché una cosa è certa: non avendo più a chi Santo votarci, conviene provare a parlare direttamente col Padreterno. E non soltanto per quello che sta accadendo nel mondo, ma per quello che ci tocca più da vicino, a casa nostra, nella nostra città.
Provate a fare un giro a piedi per Caserta, anche perché con le auto è diventato ormai un inferno, e non soltanto per le strade impraticabili. Non c’è un’arteria, infatti, senza una buca. Mentre quelle due o tre strade asfaltate di fresco già cominciano a mostrare segni di cedimento.
Illuminati da fiacche luminarie, i negozi fanno da cornice a commesse con le facce smorte e le braccia conserte. La gente osserva le vetrine, prende spunto, ma poi preferisce fare la fila nei grandi centri commerciali.
Ecco, una cosa si può dire: Caserta è probabilmente la città italiana con la maggiore incidenza di ipermercati, in rapporto alla popolazione, che peraltro ristagna, anzi flette al ribasso, a poco più di 73 mila abitanti con una perdita, riferita al 2020 rispetto all’anno precedente, di 11.763 residenti.
E la popolazione – si sa – si muove in trend con la qualità della vita di una città. Dal che se ne deduce che, se la popolazione diminuisce, è non soltanto perché la crisi incalza, ma perché la città non è ospitale. Del resto, è impietosa la posizione del capoluogo di Terra di Lavoro, al 99esimo posto, ultima tra le province campane, nella specifica classifica: ultima tra gli ultimi!
La città, del resto, non ha un vero sistema di trasporto, manca addirittura di un hub di collegamento con la stazione ferroviaria (che da sempre, peraltro, taglia e separa in due la città). Non ha un progetto di ospitalità turistica, a dispetto del numero di visitatori che pure riesce a fare il Palazzo Reale. Non ha un collegamento sinergico tra i siti di indubbio valore storico-monumentale di cui pure mena vanto (Belvedere di San Leucio e Caserta Vecchia). È abbandonata e a tratti finanche ostaggio del degrado (che non risparmia nemmeno i monumenti più famosi).
È, inoltre, stretta in una logica “palazzinara” e di progressivo consumo del suolo, che non ha tratto insegnamento, non dico dal Vanvitelli, ma nemmeno dalla migliore progettazione urbanistica degli anni Settanta-Ottanta.
Aggiungo: dispone di un solo grande polmone di verde, il parco della Reggia, che peraltro è lascito dei Borbone e che, a differenza di Capodimonte, a Napoli, non è neanche pienamente fruibile dalla popolazione. Mentre da anni si arrabatta in discussioni di lana caprina sulla destinazione dell’area ex Macrico, senza neanche provare ad immaginare – che so, per dirne una – una sorta di gran Boulevard, con il Monumento ai Caduti al centro di un grande rondò, a mo’ di Arc de Triomphe, Arco di Trionfo, ed una comoda e larga arteria come prolungamento del corso Trieste.
La città inoltre è oberata da debiti, eredità di una dissennata amministrazione ventennale, i cui protagonisti sono ancora in pista, capeggiati peraltro dal sindaco Marino che intanto, da leader regionale dell’Anci (l’associazione dei Comuni italiani) criticando la “finanziaria”, afferma: “Non ci sono fondi a sostegno della spesa corrente dei comuni, e non sono previste risorse per gli investimenti”. Dimenticando, magari, che, almeno per questo secondo scopo, la sua amministrazione avrebbe potuto attingere a piene mani dai fondi del PNRR, dai quali invece è riuscito a spiluccare soltanto qualche spiccio (una manciata di milioni per l’asilo comunale ed una scuola).
D’accordo, se proprio dobbiamo dircelo: Buon Natale, cari concittadini, da tutto lo staff di Caserta Notizie. E soprattutto: che Dio ci aiuti!
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