Caserta, città ospizio sul viale del tramonto

Caserta (di Antonio Arricale). E così ci siamo. Tra poco diremo addio al 2022 e brinderemo all’Anno Nuovo con i migliori auspici. Ci lasceremo alle spalle tutto il vecchio (mi raccomando, per le cose inutili c’è l’isola ecologica) e apriremo, come sempre, il cuore alla speranza. Amen.

L’ultimo giorno dell’anno, oltre che dedicato al Te Deum, dovrebbe laicamente essere anche il giorno della riflessione politica. No, non nel senso dell’amministrazione della città: ché di questa abbiamo già detto molto e con poca soddisfazione. Ma nel senso delle dinamiche sociali, dei mutamenti che ne hanno segnato l’andamento.

In fondo, il 2022 è stato l’anno dell’uscita dal lockdown e, forse, anche dalla pandemia (Cina permettendo) l’anno della ripresa economica, del ritorno alla normalità. Sicché, più che riflettere su che cosa ci lasciamo alle spalle, noi casertani, forse dovremmo chiederci che cosa abbiamo ritrovato nel corso dell’anno. E magari farci domande del tipo: quanti siamo, come siamo, come stiamo?

Domande a cui è difficile dare risposte esaustive, visto che – da almeno un triennio – non può venirci in aiuto nemmeno il “data base” della Camera di commercio: il cui vertice, peraltro, come si sa, è da tempo “in tutt’altre faccende affaccendato”. Ma di questo parleremo, magari, prossimamente.

Inutile sottolineare che senza lo studio della Demografia, non si va da nessuna parte. Né conforta dire che questa materia andrebbe studiata a scuola, dove peraltro non si studia più nemmeno la Geografia, e mai vi ha fatto veramente ingresso il Diritto. Ma anche in questo caso so di trovare, nel pensiero di molti lettori, una porta aperta. E tanto basta.

In ogni caso, un aiuto può venirci dal recente Rapporto dell’Istat (15 dicembre scorso) cui i media non hanno dedicato particolare attenzione. Ed in cui il dato più evidente è questo.

Se l’Italia è inesorabilmente incamminata sulla via dell’inverno demografico, Caserta è praticamente già sul viale del tramonto. Nel Belpaese, l’età media è di 41,6 anni. Nell’arco di una generazione, si è passati dal picco storico di 1,1 milioni di nati del 1964 ai 398mila del 2021. La popolazione residente conta 58 milioni 983 mila 122 persone, meno degli oltre 59 milioni dell’anno precedente.

Ebbene, Caserta riesce a fare anche peggio: l’età media dei residenti è infatti di almeno cinque punti sopra la media nazionale: 46,2 anni. Un dato che stride, peraltro, con l’andamento registrato nel Centro-sud e, più ancora, in Campania, che continuano ad essere, invece, l’area e la regione italiana più giovane (età media di 43,6 anni) del Paese. Non solo, è inoltre ancora un centro del casertano, Orta di Atella, in assoluto il comune più giovane d’Italia, con 36,6 anni di età media.

La città vanvitelliana non soltanto registra una diminuzione della popolazione negli ultimi tre anni (73 mila 037 abitanti, quest’anno; 73 mila 984 nel 2020), ma segna anche un indice di vecchiaia del 200,7% rispetto al 192,5% dell’anno scorso, e addirittura al 90,6% di dieci anni fa.

In compenso, la classe politica è più o meno la stessa nell’ultimo ventennio. Così, in assenza di efficaci politiche di sviluppo, il depauperamento generale che è sotto gli occhi di tutti ne è tragica conseguenza. Un mix di miseria politica, sociale ed economica, che peraltro è puntualmente fotografata nelle posizioni di fanalino di coda dalle specifiche classifiche.

E, però, “anche la speme, ultima dea, fugge i sepolcri”. Perciò, se proprio debbiamo continuare a vivere in un luogo che somiglia ad un ospizio per anziani, una cosa lasciatecela pretendere: che la città diventi, non dico una RSA di lusso, ma almeno dignitosa. È troppo?

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