Autonomia, arrampicarsi sugli specchi non è intelligente

Caserta (di Antonio Arricale). Avremmo voluto non tornarci su – peraltro, ci sarebbe da commentare lo scandalo delle tessere del PD, riflettere di più sulla vicenda Jabil: questioni non da poco – ma la questione dell’autonomia differenziata proposta dalla Lega e imposta alla maggioranza di governo ha incassato il primo sì dal Consiglio dei Ministri. E allora non si può fare a meno di tornarci su.

Dunque, sulla “secessione camuffata” Lega e Governo vanno avanti. Imperterriti, nonostante la marea di argomentazioni contrarie sollevata, in questi mesi, da costituzionalisti, docenti universitari, economisti, opinionisti, persone di buon senso.

O forse no. Infatti, dietro il disco verde incassato dal DDL di Roberto Calderoli, si nascondono molti se e molti ma, che però soltanto gli specialisti delle tecniche parlamentari per ora riescono a vedere. Apposizioni impercettibili ai più, che renderebbero – si dice – il percorso della trasformazione in legge molto lunga, se non addirittura impossibile. Volesse il cielo.

Ma non è questo il punto. Semmai capire perché i parlamentari leghisti del Sud (campani o casertani in particolare) arrampicandosi sugli specchi, e forse per meri interessi di bottega (e di poltrona), provano a giustificare la propria acritica adesione ad un progetto che – comunque lo si guardi – mostra falle da ogni dove.

L’europarlamentare Valentino Grant, per esempio, coordinatore regionale della Lega, in proposito, alle agenzie ha dichiarato: l’autonomia finanziaria è “l’occasione di riscatto di una Campania e di un Sud che vogliono crescere dopo anni di totale immobilismo su istruzione, sanità e ambiente”. Banale, direte: concordo.

Di Giampiero Zinzi non si hanno reazioni: voci sussurrate riferiscono, tuttavia, di un travaglio interiore che il parlamentare starebbe vivendo: insomma, la camicia verde della Lega comincerebbe a stargli proprio stretta. Peccato, però, non dirlo apertamente: l’occasione potrebbe nobilitare una diversa scelta di campo, che altrimenti suonerebbe come nuovo e semplice salto della quaglia.

Il senatore leghista Gianluca Cantalamessa, invece, figlio dell’ex missino Antonio, ha commentato il precedente editoriale così: “Chi vi scrive ha scelto di fondare la Lega al Sud otto anni fa (quando era difficile) proprio perché, da orgogliosamente napoletano, sono per l’autonomia. Negli ultimi 15 anni dal meridione di Italia un milione di ragazzi ha lasciato per sempre il meridione per mancanza di posti di lavoro. Le giovani coppie al sud non fanno più figli e tanti ragazzi sono costretti a vivere con il reddito di cittadinanza. In questi anni passati abbiamo avuto il centralismo, non l’autonomia. Quest’ultima può essere la soluzione e non è certo il problema (basti pensare alla cultura) … aspetto un vostro invito per parlare di autonomia, di centralismo, di fondi per il sud persi e di politici meridionali che hanno comprato la fame dei meridionali invece di puntare sul merito degli stessi e tanto altro. Aspetto un vostro invito e vi auguro un buon lavoro ed una buona domenica”.

Invito che gli facciamo subito: ci scriva, ci convinca del contrario, questo spazio è suo e, ovviamente, di tutti i parlamentari che vogliono rendere conto, a noi semplici elettori, che la vostra idea di Italia – non la nostra – è quella giusta. Restiamo in attesa.

Intanto, se permettete, vi ricordiamo alcuni dati incontrovertibili.

1) Anche negli anni ‘60 e ’70 eserciti di meridionali lasciarono le campagne del sud per migrare al nord. E, tuttavia, interessati dalle più profonde ed incisive riforme sociali ed economiche del Paese, quegli anni stanno anche a ricordarci che fu quello il periodo di minore divario registrato tra nord e sud. 2) Lo stratosferico deficit del debito pubblico italiano cominciò a galoppare a partire dagli anni ’80, quando appunto cominciarono a portarsi a consuntivo le prime “folli” spese delle Regioni (istituite, come si sa, nel 1970).

Insomma, non sarà l’autonomia differenziata a riportarci in pista come italiani, come nazione e come potenza economica, semmai il coraggio di correggere gli errori del passato. A cominciare, appunto, dall’istituzione delle Regioni che, ancora oggi, al sud come al nord, rappresentano un fiume di sperperi e la mangiatoia di nuova ingorda classe politica e burocratica.

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