Caserta (di Antonio Arricale). Elezioni in vista, ultime incombenze per la presentazione delle liste. E in alcuni casi saranno tante, troppe a favore di qualche candidato sindaco; poche, forse solo una a sostegno di altri. E già questo aspetto la dice lunga sulle condizioni di partenza, assolutamente dispari, degli aspiranti alla fascia tricolore, e pone magari anche un problema costituzionale.
A prima vista, il gran numero di candidati (Guglielmo Giannini avrebbe detto galoppini) indicherebbe il trionfo della partecipazione democratica, unitamente all’idea di un’ampia, diretta, migliore e più qualificata selezione del personale politico. Ma probabilmente così non è, considerato che ad ogni tornata elettorale ci ritroviamo puntualmente a lamentarci della cattiva amministrazione, della pessima qualità di vita nelle nostre città, della scadente classe dirigente che ci rappresenta. E questo in generale, da nord a sud. Anche se è soprattutto al di qua del Garigliano che i Comuni sono segnati da annosi ritardi, che spesso privano i cittadini finanche dei servizi più elementari.
Un gap che – come una ormai ricca letteratura di studi politici, sociali ed economici conferma – non è più, o non soltanto, colpa delle risorse negate dal governo centrale, ma proprio dell’inadeguata classe dirigente locale.
Stando così le cose, più di una evidenza porta a ritenere che è forse nella vigente legge elettorale il male principale del sistema. A dirla tutta, anzi: l’attuale legge elettorale comunale è portatrice di una forte carica “criminogena”. La norma, infatti, favorisce tutt’altro che la selezione dei migliori candidati, essendo paradossalmente utilizzata dagli “esperti” delle campagne elettorali per tenere lontano, interdire o depotenziare proprio le persone più capaci, più preparate, più oneste.
Insomma, l’inquinamento delle compagini politico-amministrative avviene, nella distrazione generale, già ai blocchi di partenza, al momento della composizione delle liste, nel corso dell’attività amministrativa il fenomeno si appalesa soltanto.
Un tempo la “pre-selezione” del personale politico avveniva nelle sezioni. I partiti, al momento della prova elettorale, erano giocoforza costretti ad esporre i candidati più idonei tra i propri affiliati. La maggior parte dei quali, peraltro, non erano inventati dal nulla, avendo alle spalle già anni di militanza politica, impegno, passione e studio delle problematiche.
Una lista sbagliata, senza qualità individuali mediamente accettabili, al netto del voto clientelare (che pure esisterà sempre) non sarebbe stata premiata dagli elettori. E la responsabilità della sconfitta sarebbe ricaduta certamente in capo alla segreteria, che ne avrebbe, perciò, pagato le conseguenze, ovvero la defenestrazione, unitamente a quei candidati in ombra che mai più avrebbero trovato un posto in lista.
Oggi accade, invece, che un “satrapetto” locale (un affarista, un ricco e smodato signore, un mascalzone matricolato, un delinquente formalmente incensurato, e via di seguito), ritrovandosi per le più svariate ragioni il potere di assoggettare un gruppo di persone, al fine di assicurarsi uno scranno consiliare e sedere prossimo alla stanza dei bottoni, si organizzi una propria lista e la ponga a sostegno del candidato sindaco potenzialmente più forte, riempendola di candidati che non voteranno neanche per sé stessi. Oppure, che un “mestatore” di professione – per gli stessi motivi – organizzi a sua volta una lista a favore dell’aspirante sindaco infarcendola di amici, conoscenti e parenti stretti di un più quotato e valido candidato consigliere – espressione di un quartiere, una frazione, una famiglia – al solo scopo di indebolirne, se non addirittura, impedirne l’elezione.
La Legge, insomma, andrebbe corretta. E pure in fretta.