Caserta (di Antonio Arricale). Il ponte del 25 Aprile è andato decisamente bene. Oltre ogni più rosea aspettativa. Ma anche quello del Primo Maggio non ha deluso, sebbene il maltempo si sia messo di traverso. E c’è ancora quello del 2 giugno.
Grazie al traino di due, anzi tre attrattori, gli operatori turistici di Caserta tirano – in questa primavera ancora un po’ incerta – un bel sospiro di sollievo.
La Reggia vanvitelliana, infatti, quest’anno, soltanto nei giorni della Festa della Liberazione ha registrato circa 40 mila visitatori, a cui, nel successivo ponte di inizio maggio, se ne sono aggiunti altri 11 mila e passa.
E di questi un bel po’ – inutile lagnarsi – se ne sono riversati in città, per la felicità di esercenti e ristoratori.
Senza dire che, al flusso di visitatori della Reggia s’è sommato quello in surplus che la città di Napoli non è riuscita ad ospitare. E s’è trattato di un numero davvero esorbitante di turisti: per l’ex capitale del regno borbonico, a consuntivo di quest’anno, secondo le proiezioni della Confesercenti, si parlerà dell’aumento di un punto percentuale del PIL. Turisti – si diceva – che sono stati richiamati in città, oltre che dalle ben note bellezze storico-artistiche-monumentali e paesaggistiche, magari anche dal clima un tantino folcloristico, se non proprio kitsch, che si è respirato nell’attesa dei festeggiamenti per il terzo scudetto conquistato dal Napoli calcio.
Ma torniamo a Caserta. D’accordo, confortati dalle serie storiche stagionali, gli operatori turistici casertani se lo aspettavano il buon inizio della stagione, ma non in questa misura. Stavolta s’è trattato di un vero e proprio boom. Basti pensare che finanche il Museo della seta del Belvedere di San Leucio ha registrato diverse centinaia di visitatori, in questi giorni, il che è tutto dire.
Certo, bisogna anche ricordare, sempre con riferimento alla Reggia, che intanto si proviene da un anno – lo scorso 2022 – in cui i visitatori sono stati la bella cifra di oltre 770 mila, che supera – per farsi un’idea – di gran lunga i numeri pre-Covid del 2019.
Il tutto per dire, insomma, che bisogna battere il ferro finché è caldo. Che occorre cogliere queste felici occasioni per consolidare il trend e, possibilmente, incrementarlo, visto che i margini offerti dalla materia prima – un formidabile patrimonio artistico-storico-monumentale – ci sono tutti per poterlo fare.
E, però, non bisogna distrarsi o, peggio, cedere alla sciatteria. E qui non si parla dell’auto che finisce contro una fioriera di Palazzo Reale o dell’immigrato insolente che offende e picchia un docente in gita scolastica sotto gli occhi di altri turisti o finanche dei parcheggi inesistenti. E, dunque, della sorveglianza che banalmente dovrebbe e deve essere rinforzata.
Né si parla del caso dell’unico parcheggio aperto, quello interrato di piazza Carlo III, che avrebbe bisogno di un make-up (qualcuno lo dica all’ingegnere Mario Pagano), oppure di una diversa organizzazione viaria per evitare di bloccare il traffico in uscita dalla città, attraverso l’unica arteria di via Vittorio Veneto, nei giorni di maggiore presenza turistica. Né vogliamo parlare di tutte le deficienze che a più riprese anche noi, da queste pagine, spesso lamentiamo.
Qui si tratta di cominciare semplicemente a dare maggiore decoro non soltanto alla Reggia, ma all’intero ambiente circostante, magari cominciando da una maggiore e puntuale cura dei cosiddetti Campetti. Cioè, proprio di quella piazza antistante il Monumento Vanvitelliano. Piazza, peraltro, che il compianto collega di Padova, Paolo Donà, ha misurato essere di 5 metri più grande del Prato della Valle e, dunque, la più grande Piazza d’Italia. Un altro record misconosciuto.
Ora a proposito dei Campetti, non tutti sanno, forse, che la manutenzione e cura degli stessi è in carico al comune di Caserta – che però dice di non avere soldi – mentre la proprietà è del Demanio. Il quale – date uno sguardo all’immagine che pubblichiamo a corredo di quest’articolo – a buon diritto se ne vanta sulla home page del proprio sito internet (https://www.agenziademanio.it/it/): “Restituiamo bellezza ai territori. La nostra missione è la cura del Patrimonio dello Stato”, recita con orgoglio lo slogan.
Sta di fatto che, ora, a metterci meritoriamente una toppa, nel senso che se ne occupa a proprie spese, è un privato: l’imprenditore Raffaele Garofalo con le omonime Fattorie. Il quale, tuttavia, fa quel che può. Ed è già tanto.
Quello che non fa niente o lo fa male, appunto, è il Demanio dello Stato e, in subordine, la direzione della Reggia che pure potrebbe, oltre che dovrebbe occuparsene.
Altrove, a Versailles, per esempio, è così. E, più semplicemente, anche a Venaria, che al confronto di Caserta è davvero ben poca cosa. Allora, proprio non si capisce perché a Caserta no.