Caserta (di Antonio Arricale). Bastassero quattro anglicismi buttati qua e là con affettazione, oppure l’abuso di acronimi di cui alla fine si finisce per dimenticare finanche il vero significato delle sigle citate, bastasse, insomma, così poco per qualificare i nostri politici come i migliori del pianeta… Ma così non è. E meno male, perché noi – come diceva Prezzolini – siamo apoti, non ce le beviamo. Guardiamo alla sostanza.
Il punto è questo. La Pubblica amministrazione (e il Comune di Caserta, in particolare) non ha soldi da investire in opere pubbliche, avendone per anni sprecati tanti, attingendo peraltro avidamente sempre alla stessa e infine esausta fonte: i poveri cittadini, spremuti come limoni dall’erario.
La PA non ha soldi, ma nemmeno iniziativa e idee. E ci sarebbe davvero da sconsolarsi, se di tanto in tanto, non intervenisse la Divina Provvidenza. Che, in questo caso, si chiama PNRR: il famigerato Piano nazionale di ripresa e resilienza. Una massa enorme di denaro (191,5 miliardi di euro, di cui 68,9 a fondo perduto e altri 122,6 sotto forma di prestiti) quasi una manna piovuta dal cielo, piuttosto che da Bruxelles: se soltanto si avesse, però, la capacità di spenderlo. E, dunque, per la legge del contrappasso, la fortuna da sola non basta.
Infatti, trovati – per terra, diremmo – i soldi ora mancano le idee e, prima ancora, le capacità per renderle concrete, sicché la PA arranca. E non sono io a dirlo, ma ce lo ricordano un giorno sì e l’altro pure, il ministro Raffaele Fitto e i più autorevoli rappresentanti del governo, con la premier in testa (ma gli altri hanno poco da gongolare: nelle Regioni e nei Comuni rossi la situazione non cambia di una virgola).
Giorgia Meloni per evitare di rimetterci la faccia, in questa paradossale situazione, spera nella capacità sussidiaria delle grandi aziende pubbliche (ma di diritto privato) per cercare di spendere almeno una buona parte di questi soldi piovutici in testa, quasi a nostra insaputa.
Una delle aziende chiamate in aiuto è Ferrovie dello Stato Italiane (Fs) con le società del Gruppo. In particolare, Rete Ferroviaria Italiana (RFI). Società che dispongono, evidentemente, di grande esperienza (si direbbe background, per fare bella figura) e di ottimi uffici tecnici, che non a caso – proprio in questi mesi – sono stati messi sotto pressione per sfornare quanti più progetti possibili. Poco importa se dozzinali. Nel senso di poter essere utilizzati, a parità di intervento e analogia strutturale e col semplice cambio del frontespizio sul progetto, in più casi contemporaneamente. Progetti, perciò, cantierabili in men che non si dica. Ma anche – salvo rare eccezioni – progetti necessariamente di ripiego.
Capita, allora, che in questa corsa contro il tempo, un intervento di RFI finisca per interessare anche la stazione ferroviaria di Caserta, fotocopia anonima di una delle tante in Italia. Ma che, in questo caso, acquisisce addirittura l’aspetto di un obbrobrio, giacché si staglia prospetticamente davanti alla Reggia borbonica, interrompendo quella linea immaginaria che, attraverso il famoso Cannocchiale disegnato da Luigi Vanvitelli, congiunge il Parco del Palazzo Reale con Napoli. Dunque, una stazione, quella di Caserta, che da sempre produce l’effetto di un pugno nello stomaco, interrompendo il percorso di Viale Carlo III proprio nel tratto topico, di ingresso alla residenza reale e alla stessa città. Sconcio ancor più evidente, peraltro, ora che il monumento vanvitelliano è assurto nell’empireo dei venti più visitati in Europa.
Dunque, rifletto: un’amministrazione attenta e lungimirante, se soltanto per tempo si fosse predisposta all’idea progettuale, avrebbe colto l’occasione presentatasi con il PNRR, non per avallare la semplice riqualificazione architettonica e funzionale del fabbricato, sia pure con annessi e connessi, da parte di RFI, ma di chiedere, anzi, pretendere l’interramento della stazione e restituire l’idea originaria al disegno del geniale architetto nel 250esimo anniversario della sua morte.
L’idea, peraltro, non è nuova, era già nella mente visionaria del compianto sindaco Luigi Falco. E, tutto sommato, ora che i soldi ci sono e non sappiamo come spenderli, anche abbastanza facile da realizzare, dal momento che si tratterebbe di abbassare dal livello di quota della strada, per una quindicina di metri, soltanto sei binari. Insomma, poca cosa, a confronto – poniamo – del capolinea della metropolitana di Napoli o anche della stazione di Bologna.
Ma tant’è. L’intervento di RFI prevede, dunque, un investimento di 17,5 milioni di euro per una semplice operazione di restyling. Una lavata di faccia, che stride tuttavia con l’entusiasmo espresso dall’amministrazione comunale, che ovviamente ha condiviso in via preventiva il progetto di RFI. «Con Rete Ferroviaria Italiana – ha detto il sindaco Carlo Marino – stiamo facendo un percorso da mesi e, attraverso i fondi del PNRR, avremo una rigenerazione dell’intera stazione, che sarà più fruibile per i cittadini casertani e per i turisti». Contento lui…
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