Caserta (di Antonio Arricale). Capitolo chiuso. Dopo il biodigestore di Caserta, il TAR ha messo la parola fine, qualche settimana fa, anche al progetto di costruire un secondo e analogo impianto nell’area industriale di Gricignano di Aversa.
Le due vicende, sia pure con sfumature diverse, al di là delle posizioni ideologiche sottese alla urticante materia ambientale – posizioni legittime, per carità, ma nelle quali non è, qui, il caso di entrare – presentano aspetti paradossali che, forse, è interessante sottolineare. Non fosse altro che per il lungo elenco di ricorrenti nell’uno, nell’altro o anche in entrambi i casi: Regione Campania, Provincia di Caserta, corpo nazionale dei vigili del fuoco, Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino meridionale, rappresentante unico delle amministrazioni statali, Comune di Teverola, ministero delle Imprese e del Made in Italy, ministero della Cultura, ministero dell’Interno, ministero della Difesa, ministero dello Sviluppo economico, Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento, ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, comando provinciale vigili del fuoco di Caserta, Enac, Comune di Gricignano d’Aversa, Comune di Carinaro, Comune di Marcianise, Consorzio Asi di Caserta. E, naturalmente, associazioni ambientalistiche e consiglieri comunali vari.
Intanto, chiariamo di che cosa si parla. I biodigestori sono impianti di riciclaggio che, tramite un processo di decomposizione della sostanza organica per via anaerobica (senza ossigeno), convertono i rifiuti organici domestici e gli scarti agricoli in energia termica ed elettrica ed altri output di processo. Insomma, producono biogas.
Nel nostro Paese, ovviamente, i biodigestori non sono una rarità. Complessivamente, sono già 27 gli impianti in funzione, soprattutto al nord, per una capacità complessiva di produzione da 25.445 metri cubi di biometano l’ora. Parliamo di grandi impianti, apprezzati anche da Legambiente, come quello realizzato a Montespertoli, nel Chianti, che è il più grande di tutto il Paese. Poi ci sono quelli di piccole e medie dimensioni, per l’autoproduzione energetica (in genere, aziende agricole) e qui i numeri salgono vertiginosamente: si parla di oltre due mila impianti e una produzione di circa 2,5 miliardi di metri cubi di biometano.
Ma torniamo al punto contraddizioni. Intanto, si parla di impianti industriali e, in quanto tali, la cosa più logica è quella di pensare di allocarli nelle apposite aree. E così, in effetti, per una volta era stato correttamente previsto. Provate, allora, a scorrere di nuovo l’elenco degli oppositori e scoprite l’intruso: il Consorzio ASI, per il quale – mi pare – l’allocazione dell’impianto a Ponteselice poteva andar bene, mentre a Gricignano no. D’accordo, le situazioni e le specificità delle tematiche sono diverse, mi dicono, ma è giusto per notare.
Del resto, anche la Regione s’era detta favorevole in almeno un caso (quello di Caserta), ma opposta a quella di Aversa Nord, dove però l’azienda costruttrice proponente (Ambyenta Campania Spa, con sede in provincia di Torino) non sembrerebbe avere avuto, con i requisiti richiesti, tutti gli imprimatur necessari se non, naturalmente, quello ministeriale.
Poi c’è la contraddizione delle forze politiche in campo, anzi della forza politica: il PD. Il sindaco di Caserta, Carlo Marino, infatti, primo sponsor del progetto a Ponteselice è del partito di Elly Schlein; e così Vincenzo Sgambato, che però è il maggiore oppositore all’impianto di Gricignano d’Aversa. E come pure Nicola Affinito, sindaco di Carinaro, anche se ammantato di veste civica, il quale, peraltro, sponsorizzato da Giovanni Zannini (sempre del PD, pardon, della lista De Luca presidente) è anche il presidente dell’Ente d’ambito di Caserta per la gestione dei rifiuti urbani. Insomma, tutti esponenti di un’unica filiera politica, che dai comuni arriva fino alla Regione e, fino a ieri l’altro, a Roma.
E si potrebbe continuare, in questo strano gioco del dico e contraddico, per molto ancora. Ma provateci voi, se vi garba.
Per quanto mi riguarda, invece, noto che tutti gli oppositori – con gli ambientalisti in testa – sono alla fine anche le anime più pure e integre di soluzioni e suggerimenti di stili di vita bio-compatibili. A cominciare, magari, dall’essere i primi e più convinti acquirenti di auto ibride da oltre 40 mila euro, mal sopportando del popolino il reiterato e, dunque, denigrato e vituperato uso di macchine inquinanti. E per i quali, tuttavia, in presenza di impianti, a loro stesso dire, eco-sostenibili, vale pur sempre la massima: “Not in my back yard”, non nel mio cortile. Insomma, dovunque ma non a casa mia.
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