Marcianise. Di fronte alle fermezza dell’azienda che non vuole in alcun modo retrocedere dalla decisione di licenziare 190 dipendenti, e alla scadenza della deadline – il prossimo 31 gennaio – per iniziare ad inviare le lettere di licenziamento, i lavoratori dello stabilimento di Marcianise della multinazionale americana Jabil scelgono la strada quasi obbligata dello sciopero ad oltranza e del presidio permanente fuori ai cancelli del sito.
Un modo per provare ad alzare ancora l’attenzione su una vertenza che si trascina da anni e che sembra senza sbocco, dopo che anche ieri al Ministero dello sviluppo economico la Jabil ha risposto picche ai ripetuti solleciti della sottosegretaria Fausta Bergamotto e della Regione Campania affinchè accettasse un ulteriore mese di cassa integrazione per dar tempo di trovare soluzioni alternative e concrete ai licenziamenti.
Le segreterie nazionali dei sindacati dei metalmeccanici Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm e Failms, in una nota relativa al tavolo di ieri, hanno definito la Jabil “arrogante,” parlando anche di “politica inerme”. Alla fine comunque le alternative ai licenziamenti sono sempre le stesse, ovvero i ricollocamenti in altre aziende, operazioni che però in passato non hanno dato frutti positivi, visto che dei 250 ex Jabil passati in Softlab solo una parte è impegnata mentre la restante parte è in cassa integrazione, e ad oggi i dipendenti attendono alcuni stipendi; mentre i 23 ex Jabil riassunti nell’azienda sarda Orefice sono stati licenziati e attualmente disoccupati.
Sul tavolo ci sono le opzioni rappresentate dalla nuova società formata dall’azienda TME di Portico di Caserta e da Invitalia, società del Ministero dell’Economia, disposta ad assumere 140 addetti Jabil sui 190 da licenziare; per gli altri 50, la Jabil ha proposto il ricollocamento nella società Cogepa, che nel casertano lavora per conto dell’Enel, ma tale opzione è stata scartata quasi subito.
In ogni caso i ricollocamenti – per cui vi sarebbero tre finestre a giugno, settembre e dicembre – presuppongono il licenziamento dei 190 lavoratori, che poi dovrebbero entrare in disoccupazione e ricevere la proposta di riassunzione. I sindacati chiedono invece il ritiro o la sospensione della procedura di licenziamento come pre-condizione per trattare eventuali soluzioni alternative.
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