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Lavoro

Softlab, dipendenti in corteo questa mattina per stipendi e futuro

Marcianise. I lavoratori della sede casertana di Softlab, azienda di informatica, hanno manifestato questa mattina, chiedendo il pagamento di tre stipendi arretrati e certezze sul futuro, con un corteo partito dall’ex stabilimento Siemens di Marcianise (Caserta) e conclusosi qualche chilometro dopo fuori ai cancelli del sito produttivo della multinazionale Jabil.

A manifestare anche un gruppo di ex lavoratori dell’azienda sarda Orefice. Con i lavoratori anche i segretari delle sigle casertane dei metalmeccanici Fiom-Cgil (Francesco Percuoco), Uilm (Ciro Pistone) e Fim-Cisl (Nicodemo Lanzetta). La scelta di concludere il corteo davanti allo stabilimento Jabil è stata presa perché sia i lavoratori casertani di Softlab che quelli di Orefice sono ex dipendenti Jabil, usciti dal suo organico qualche anno fa e passati nelle due aziende attraverso incentivi dati dalla Jabil tanto al lavoratore che alle due società.

L’obiettivo era salvare i lavoratori della multinazionale dal licenziamento mediante una concreta reindustrializzazione, che però non è mai decollata: gli oltre 200 ex Jabil passati in Softlab continuano infatti a fare la cassa integrazione (scade a dicembre), come la facevano già nella società americana, senza essere impegnati in progetti produttivi, e avanzano ora anche tre stipendi. I 23 lavoratori ex Jabil passati in Orefice invece hanno prima rifiutato un trasferimento in Sardegna nonostante il patto prevedesse un impiego nel Casertano o al massimo nel napoletano, e sono stati poi licenziati.

“L’intento di questo corteo – spiega il segretario di Fiom-Cgil Caserta Francesco Percuoco – era di evidenziare una situazione drammatica, che si vive nel Casertano, dove c’è una miscela esplosiva, perché i lavoratori si sentono truffati e hanno paura di essere scaricati dalle istituzioni, di cui non sentono la vicinanza, così come non la sentono dei politici. Avevamo lanciato un appello ai parlamentari del territorio, ma è rimasto inascoltato. Parlare di dramma sociale non è lanciare uno slogan o pronunciare una frase fatta, è realtà. Sarebbe opportuno e utile che si facesse corpo unico per difendere questa terra martoriata”.

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