Caserta. Di seguito riceviamo, e volentieri, pubblichiamo quanto ricevuto dalla dirigente del Partito Democratico Caserta, arch. Nadia Marra.
«La questione del tesseramento del Partito Democratico in provincia di Caserta ci deve far riflettere sul come venga ormai inteso l’essere “iscritto di partito“.
La questione posta è che il numero di tesserati non risulta giustamente proporzionato al numero di elettori del partito e questa anomalia sta bloccando lo svolgimento del congresso del partito in provincia di Caserta dove organi superiori stanno vagliando l’anagrafe degli iscritti e con molta probabilità saranno annullate molte iscrizioni.
Il concetto che mi sento di ribadire è che il partito non è un club di soci, né una associazione; al partito si aderisce perché si crede in quello che quel partito rappresenta ed esprime.
Il Partito Democratico è un partito di centro sinistra dove si tesserano persone che si riconoscono in idee e obiettivi che il partito si da in tema di lavoro, ambiente, sociale, ecc.
Nel Partito Democratico negli anni sono confluite varie anime dai Democratici di Sinistra, da cui io stessa provengo, alla Margherita, ai Socialisti.
Poi il civismo ed il movimentismo imperante ha avuto il suo appeal sul partito e la parola “partito” è diventata in alcuni momenti impronunciabile.
Ma per chi come me crede nel valore del partito, ed è cresciuta con questa mentalità, non può pensare che la tessera di partito sia la tessera di un club ma è qualcosa di diverso.
È il sentire l’esigenza e la necessità di far parte di un gruppo che crede in dei valori e in degli ideali e li persegue congiuntamente. Perché solo con altri che la pensano allo stesso modo si possono condividere battaglie, esprimere e portare delle istanze comuni, raccogliere problematiche e impegnarsi assieme per risolverle.
L’appartenenza a un partito è un sentimento che coltivi e ti porti dentro, che purtroppo la mia generazione sente meno, ma quelle precedenti sentono fortemente; perché evidentemente ne capivano molto di più l’importanza.
Sapevano bene che solo attraverso quel “fare gruppo” si poteva cambiare l’andamento delle cose, si poteva incidere sulla società, si potevano fare proposte per cambiare le leggi.
Il politico è poi quella figura che veniva fuori da quel percorso di militanza, sentita nel tempo, dove giorno per giorno da ragazzini si cresceva, si ascoltava, ci si confrontava con le generazioni che prima di te avevano deciso di fare gruppo e, mossi da forti ideali, volevano incidere sulla società e a volte ci riuscivano.
Il politico che poi arrivava a rappresentare ai livelli più alti tutta quella militanza usciva dà lì da: conoscenza, esperienza, militanza, studio. Il riconoscimento del leader tra gli altri avveniva perché era colui che meglio sapeva guidare, perché era quello che si distingueva tra gli altri, che trascinava, che lottava per prima e meglio degli altri. Da lì uscivano i dirigenti di partito e poi i sindaci, i consiglieri provinciali, i consiglieri regionali, i parlamentari.
Il partito è questo e questi sono gli iscritti di partito. Mentre il politico è un mestiere difficile che si impara con gli anni, che richiede l’ascolto delle persone e l’analisi della società. Il resto sono numeri da club ma il partito è altro: è una scuola per imparare a esercitare la Politica.
Nadia Marra, Partito Democratico Caserta».