AMBC: torti e ragioni del presidente De Luca

Mondragone. Le questioni alla base di quella che l’HUFFPOST ha definito “la folcloristica marcetta su Roma” sono sostanzialmente tre, due esplicite ed una sottesa. Quelle esplicite sono: il NO all’Autonomia differenziata e i ritardi nella firma tra Governo e Regione Campania dell’Accordo per lo sviluppo e la coesione. Quella implicita è invece relativa al terzo mandato per i presidenti di regione (ed anche per i sindaci dei comuni al di sopra dei 15mila abitanti). Una piattaforma che però – per citare sempre l’Huffpost – lo “show improvvisato al centro della Capitale, (con il presidente che) sfila in via del Corso in compagnia della sua corte dei miracoli, viene rimbalzato dagli uscieri di palazzo Chigi e finisce sui divanetti di Montecitorio a dare della “stronza” alla premier Meloni”, ha del tutto oscurato. È prevalso insomma il solito teatrino rispetto ai contenuti.

Partiamo dall’Autonomia differenziata. Non ci risultano prese di posizione a favore del NO nel referendum confermativo sulla riforma del Titolo V Cost. dell’allora parlamentare Vincenzo De Luca. Riforma del Titolo V della Costituzione che ha dato l’avvio al regionalismo sgangherato di questi anni e che è alla base della proposta del ministro Calderoli di autonomia differenziata. Né ci risultano iniziative da parte di De Luca e dei suoi a sostegno della raccolta di firme per la Legge costituzionale di iniziativa popolare per la riforma del Titolo V promossa dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale presieduto da Massimo Villone e che nei mesi scorsi ha portato oltre 100mila cittadine e cittadini ai banchetti di raccolta firme. Al contrario, ci risulta che anche la regione Campania di De Luca, sulla scia del Veneto, della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, con delibera di Giunta regionale del 06/03/2019 abbia approvato gli indirizzi in merito alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’articolo 116, comma terzo, della Costituzione. La battaglia per dire NO! all’Autonomia differenziata è non solo “buona e giusta”, ma doverosa. Il pasticcio del ministro Calderoli qualora arrivasse malauguratamente in porto porterebbe alla definitiva distruzione dell’Unità della Nazione (Nazione tanto cara alla narrazione meloniana) e alla “secessioni dei ricchi”. Quindi, ben venga il recente contributo del presidente De Luca e del suo “partito” di Consiglieri regionali e di Sindaci per contrastare la riforma Calderoli. Il “sommo” Governatore dovrebbe però evitare di intestarsela – mischiandola per giunta con altre questioni che con essa non hanno nulla a che fare – per schiacciarla tutta sul personale politico, con il rischio di perdere per strada le associazioni, i movimenti, i gruppi, le cittadine e i cittadini, le comunità, che un po’ prima del presidente De Luca e del suo “partito” di Consiglieri regionali e Sindaci hanno cercato di contrastare la deriva secessionista delle destre.

Quanto ai ritardi nella firma dell’Accordo tra Governo e Regione Campania per lo sviluppo e la coesione, il presidente De Luca ha ragione da vendere circa i gravi ritardi accumulati dal Ministro per il sud e la coesione territoriale Fitto e l’appesantimento procedurale messo in piedi da quest’ultimo, anche se a “fin di bene” (per coordinare, evitare sovrapposizioni di progetti e risorse, evitare di sprecare o di non spendere addirittura i fondi). Anche in questo caso però occorre dire che tutto discende (procedura, atti e responsabilità) dal cosiddetto Decreto Sud, sul quale la Conferenza delle Regioni (di cui De Luca fa parte a pieno titolo) ha espresso in sede di Conferenza Unificata (Stato, Regioni ed Enti locali), all’unanimità, parere favorevole, con alcune osservazioni, tutte accolte dal Ministro. Quando poi si avanzano – come fa De Luca – giuste critiche nei confronti del centralismo nazionale, evidenziando ritardi, scarsa trasparenza, discrezionalità nei tempi e nei modi (sul PNRR, per esempio, le associazioni, di cui l’AMBC è parte integrante, hanno dovuto chiedere un ennesimo accesso agli atti), bisognerebbe anche ricordarsi del centralismo regionale, dell’assenza di partecipazione delle realtà locali, della scarsissima trasparenza con cui si individuano (da Napoli o da Salerno) i progetti, si allocano risorse e si privilegia questo a quel territorio, spesso per il sol fatto che a perorare la causa sia uno dei Consiglieri regionali o dei Sindaci del “partito” di De Luca.

Infine, per quanto riguarda il terzo mandato, il 75enne De Luca dovrebbe considerare che in democrazia la cessione dei poteri del popolo sovrano ai propri rappresentanti può avvenire soltanto a condizione che ci siano dei limiti temporali, ma anche di modalità di esercizio, e nel rispetto della separazione e nell’equilibrio con gli altri poteri dello Stato. E fra questi limiti, uno dei più antichi e consolidati, è proprio quello del limite al numero dei mandati, che serve a porre un freno alla concentrazione, al monopolio del potere e a proteggere una repubblica dal diventare una dittatura de facto. Sarà un caso che – come ha di recente ricordato Simone Siliani- la violazione o la cancellazione dei limiti di mandato, da Napoleone a Putin, è proprio dei regimi totalitari. Ma tutto questo è stato brillantemente già spiegato dalla Corte costituzionale, da ultimo con la sentenza n. 60/2023, quando ha affermato che: “il limite in parola ha lo scopo di tutelare il diritto di voto dei cittadini (…) impedendo la permanenza per periodi troppo lunghi (…( che possono dar luogo ad anomale espressioni di clientelismo” e “serve a favorire il ricambio ai vertici dell’amministrazione locale ed evitare la soggettivizzazione dell’uso del potere dell’amministratore locale”.

L’esperienza di De Luca si avvia tristemente (e fortunatamente) al capolinea e sarà un gran bene (per la Sinistra e soprattutto per la Campania) voltare il prossimo anno definitivamente pagina. Avremo modo con dati alla mano di dimostrare ciò che è stato fatto (e come è stato fatto) e soprattutto cosa non è stato fatto in questo lungo decennio. In tanti abbiamo dato fiducia a questo politico di lunghissimo corso, noi addirittura contribuendo nel 2020 a candidare in una delle liste della Coalizione che lo appoggiava, quella dei Verdi, Giampaolo Romano (anche per dare ai Mondragonesi che votavano quella Coalizione un’alternativa all’acchiappavoti ‘ndo cojo cojo, privo di valori e di cultura politica. Alternativa ovviamente non considerata). Ma abbiamo dovuto prendere atto con amarezza che questa lunga esperienza, come ha brillantemente sintetizzato Isaia Sales, non è stata altro che “la degenerazione della politica, cioè l’idea che si faccia politica a vita, l’idea che il potere si trasmetta ai figli, l’idea che il potere non sia sottoposto a regole (…) Questa è una regione che è peggiorata nel campo della sanità e dei trasporti (…) Il Pd deve abbattere il muro di Salerno e se la Regione Campania torna ad essere una regione e non più il regno di De Luca, allora penso che si possano fare passi in avanti.”

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