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Politica

Un Comune fallito e una città povera. Ove però non mancano fatti criminali

Mondragone (Associazione Mondragone Bene Comune). Passano gli anni e nulla cambia nel governo della città. D’altronde, come potrebbe cambiare la musica se i musicanti sono sempre gli stessi, come nel caso dell’attuale Sindaco che è in pista – in un ruolo esecutivo – da quasi 11 anni (di cui 7 consecutivi)? E, quindi, sperare di leggere qualcosa di nuovo e di positivo nel Piano Esecutivo di Gestione 2024-2026, approvato in questi giorni dalla Giunta, è roba da inguaribili ottimisti.

Un comunicato non ci consente di occuparci dell’intero PEG, ci limiteremo perciò a trattare in questa circostanza soltanto 2 aspetti relativi alle entrate. Il primo riguarda l’enorme anticipazione di cassa, la cifra monstre di 25 milioni di € (limite massimo dell’anticipazione di cassa con la tesoreria comunale). Ancora una volta – e come sempre – il sindaco Lavanga, come aveva fatto quando era vicesindaco di Pacifico, gestirà il Comune con soldi chiesti in prestito alla banca (pagando lauti interessi, almeno 120mila €, ai quali vanno aggiunti altri 800mila € circa per interessi sui mutui) e quasi sicuramente – come sempre – non riuscirà a rispettare la legge e a restituirli entro l’anno. Come andiamo dicendo da anni ormai, qui non siamo di fronte ad un’anticipazione di cassa eccezionale, derivante da un mero disallineamento temporale fra incassi e pagamenti. Siamo, invece, ad un continuo ricorso ad anticipi di cassa, che dimostra la perdurante sofferenza di liquidità, sintomo di reiterati squilibri (strutturali) nella gestione di competenza tra le risorse in entrata che l’Ente può effettivamente realizzare e le spese che si è impegnato a sostenere. Siamo in presenza di forme di finanziamento a medio/lungo termine, che configurano la violazione del disposto dell’art. 119 della Costituzione (che consente di ricorrere ad indebitamento solo per finanziare spese di investimento). Siamo al dissesto acclarato. I “pannicelli caldi” del Piano di Riequilibrio (di cui si sono perse le tracce) non bastano più, perché siamo di fronte ad un Comune tecnicamente fallito: non basta sacrificare oltre 1milione di € l’anno del bilancio comunale fino al 2041 per cercare di arginare la voragine fatta da chi ci ha amministrato in questi anni. Non sarà certamente chi ha sfasciato il bilancio (e, per giunta, amministrando male), come Lavanga, a risanarlo. Se non cambiano i musicanti, la musica continuerà ad essere la stessa e tutti i propositi di raddrizzare la barca saranno inutili, allungando soltanto l’agonia. Per questo, non capiamo i ritardi da parte delle istituzioni preposte nell’imporre la procedura di dissesto.

L’altro aspetto riguarda la previsione di entrata dell’addizionale comunale all’irpef sulla base dell’aliquota massima dello 0,7 per mille. Stiamo parlando di appena 1.100.000 € (compresi i residui riportati nel riaccertamento), una cifra che da sola dimostra la povertà della nostra città. L’addizionale comunale IRPEF (unitamente all’imposta municipale unica Imu e alla tassa sui rifiuti Tari) è una fonte importante d’entrata per i comuni e negli ultimi 5 anni in Italia gli incassi sono cresciuti di molto, arrivando a coprire il 23,5% delle entrate locali. A Mondragone resta invece una voce di entrata decisamente residuale. Le tipologie di reddito incluse sono – come si sa – di diverso tipo, tra i principali si comprendono i redditi fondiari, quelli di capitale, quelli di lavoro autonomo e dipendente (incluse le pensioni) e quelli di impresa. Ma perché Mondragone incassa così poco dall’addizionale Irpef? In Italia le persone che in età potenzialmente contributiva presentano una dichiarazione dei redditi sono l’80,2%. A Falciano del Massico sono invece il 69,90%, a Sessa Aurunca il 70,06%, a Sparanise il 72,37%, a Cellole il 73,10%, a Pignataro Maggiore il 74,40%. Tutte percentuali più basse rispetto alla media nazionale. Ma tutte comunque più alte (e di molto) rispetto a Mondragone, dove si ferma al 63,24% (ben 17 punti sotto la media nazionale). Quasi il 37% dei Mondragonesi in età potenzialmente contributiva non possiede insomma redditi imponibili. Al di là dell’evasione, dell’elusione e delle rendite sommerse (che certamente non mancano e che andrebbero contrastate con incisività), un dato così negativo dimostra che una parte consistente della popolazione mondragonese – come andiamo dicendo da tempo – vive (o sopravvive) di espedienti, di lavoro nero, sottopagato e sfruttato o è mantenuto dal reticolo familiare. Si tratta di migliaia di persone in povertà o ai limiti della povertà.

Questa è l’amara realtà (i dati purtroppo parlano chiaro): il Comune è indebitato fino al collo e non ha chiuso ancora per bancarotta (mai dire mai, comunque) soltanto grazie ai prestiti bancari e ad alcune inspiegabili tolleranze istituzionali e circa il 40% della popolazione in età potenzialmente contributiva non ha redditi e sopravvive arrangiandosi. Sindaco Lavanga, a quando un’altra cerimonia?

Mondragone ritorna, intanto, ad occupare le prime pagine dei giornali per i recenti fatti di cronaca che hanno portato alla luce presunte estorsioni. Staremo a vedere gli sviluppi che avrà questa ennesima triste vicenda che infanga la nostra città. Intanto, esprimiamo vicinanza a tutte le vittime della criminalità. Questo torbido episodio ci fa pensare a Giovanni Falcone quando affermava che: “Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia.” E rassomiglia ad alcuni in particolare.

Redazione

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