Associazione Mondragone Bene Comune. Ancora una sentenza di condanna per il comune di Mondragone per violazione dell’articolo 22 della legge n. 241 del 1990, il quale prevede il diritto di accesso ai documenti amministrativi da parte di “tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.” Una ennesima condanna del TAR della Campania, questa volta sul ricorso numero di registro generale 4997 del 2023 per diniego di accesso da parte del Comune, formatosi tacitamente per l’inutile decorso del termine di 30 giorni dalla presentazione dell’istanza da parte degli interessati (la sentenza affronta anche la questione del rilascio delle concessioni demaniali marittime, con interessanti argomentazioni).
L’AMBC continua a portare questa vergognosa contabilità delle condanne dell’Amministrazione Lavanga per violazione della legge 241/90, art. 22: https://giornalenews.it/ambc-mondragone-un-comune-contro-la-legge-e-le-persone/; https://www.craterenews.it/2024/03/mondragone-lambc-amministratori-incapaci-e-comune-che-continua-a-negare-laccesso-agli-atti/; https://giornalenews.it/ambc-ancora-negato-laccesso-agli-atti-al-comune-di-mondragone/. Amministrazione Lavanga che anche in questo dimostra l’assoluta continuità con l’Amministrazione Pacifico: si ricorderà che l’AMBC chiese l’accesso agli atti relativi ai servizi cimiteriali e anche in quel caso a prevalere fu un colpevole silenzio: https://www.v-news.it/mondragone-lambc-perche-sosteniamo-che-pacifico-e-sempre-di-piu-fuorilegge-2/ (quella richiesta di accesso agli atti risale a 6 anni fa: di tempo Lavanga, allora vicesindaco delegato al Cimitero, ne ha avuto “ a zeffunno” per sistemare i servizi cimiteriali!). Noi che non abbiamo ruoli e responsabilità istituzionali, possiamo soltanto denunciare, far conoscere e sperare che qualche “eletta” o “eletto” agisca per pretendere che siano accertate e punite le responsabilità che hanno portato il comune di Mondragone ad essere ripetutamente condannato.
Un secolo fa, il 10 giugno del 1924, il fascismo decretò il rapimento e la condanna a morte di Giacomo Matteotti, leader del Partito socialista unitario e uomo dotato di un’incrollabile fede antifascista (https://www.centenariomatteotti.it/). Le sue coraggiose denunce della corruttela interna al Partito nazionale fascista e dei brogli che caratterizzarono le elezioni politiche del 6 aprile 1924 (brogli che accompagnano spesso le lezioni nazionali o regionali che siano, nel 1924 come nel 2015, per dire…), con l’affermazione del cosiddetto “listone” nazionale, segnarono in pratica la sua condanna a morte. D’altra parte, a prenderlo di mira come nemico e “bersaglio” per antonomasia era stato lo stesso Mussolini: “Quanto al Matteotti – volgare mistificatore, notissimo vigliacco e pregevolissimo ruffiano – sarà bene che egli si guardi! Che se dovesse capitargli di trovarsi, un giorno o l’altro, con la testa rotta (ma proprio rotta!) […] non sarà in diritto di dolersi, dopo tanta ignobiltà scritta e sottoscritta:” (da “Le mascalzonate del disonorevole Matteotti”, pubblicato su Il popolo d’Italia del 3 maggio 1923). Giacomo Matteotti fu un eroe solitario (odiato a destra, ma poco amato anche a sinistra per l’astio dei massimalisti verso i riformisti), un uomo che con il suo riformismo rimase l’ultimo ostacolo contro l’instaurazione del regime fascista. E come tale doveva essere eliminato a ogni costo. Matteotti, soprannominato “tempesta” dai compagni di partito per il suo carattere battagliero e intransigente, trascorreva ore nella biblioteca della Camera dei Deputati a sfogliare libri, relazioni e statistiche dalle quali attingeva dati e informazioni per le sue circostanziate denunce. In poco più di quattro anni di attività parlamentare, oltre a redigere numerosi disegni di legge, intervenne centosei volte nell’aula della Camera, su temi spesso tecnici, amministrativi e finanziari (così si onora il mandato ricevuto, a qualsiasi livello, nazionale o locale che sia!). E l’11 giugno alla Camera avrebbe tenuto un discorso per rivelare gravi casi di corruzione di cui si erano resi responsabili Mussolini e alcuni gerarchi del partito (secondo quanto riportato da alcuni studiosi, il duce avrebbe concesso il monopolio dello sfruttamento del sottosuolo italiano alla compagnia petrolifera Sinclair Oil in cambio di alcune tangenti necessarie per finanziare il suo giornale e il partito fascista). Ma Matteotti non riuscì a pronunciare mai quel discorso: il giorno prima, il 10 giugno, fu rapito da una squadra di fascisti capeggiata da Amerigo Dumini e appartenente alla Ceka del Viminale (una organizzazione segreta nata per colpire gli oppositori del regime e responsabile di molte operazioni extralegali), fu picchiato e accoltellato fino alla morte. Il suo cadavere fu ritrovato solo due mesi dopo l’omicidio. E proprio alla vigilia del centenario del barbaro assassinio fascista di Giacomo Matteotti, il Ministro Adolfo Urso di Fratelli d’Italia ha annunciato l’emissione di un francobollo commemorativo dedicato a Italo Foschi, una figura controversa, essendo stato anche un noto squadrista e fascista, che si era congratulato con Amerigo Dumini per l’assassinio di Giacomo Matteotti scrivendogli che era un eroe, degno di ammirazione.
Noi che non abbiamo cariche e responsabilità istituzionali, possiamo soltanto condannare l’emissione di questo francobollo (come ha fatto l’ANPI e stanno facendo in tanti) e pensare di fare oggi – 10 giugno – due passi in via Giacomo Matteotti a Mondragone, rivolgendo un pensiero ad un vero “Padre della Patria” e sperando – anche in questo caso – che chi ci rappresenta, di solito particolarmente attivo nelle cerimonie, non si perda tra “statue rotatorie” e non lasci passare questo anniversario senza tributare l’onore che merita un martire laico della nostra democrazia.