Roma. È stato notificato ieri pomeriggio alla presidenza del consiglio dei ministri il ricorso con il quale la Regione Campania, rappresentata dal prof. Francesco Marone, ordinario di diritto costituzionale e di giustizia costituzionale presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, in affiancamento all’Avvocatura regionale, chiede alla Corte Costituzionale di dichiarare la illegittimità costituzionale della legge Calderoli sull’autonomia differenziata.
A sostegno della richiesta, il ricorso si articola in quindici motivi, riferiti sia al procedimento delineato dalla legge Calderoli per la sottoscrizione delle intese con le singole Regioni, sia ai contenuti e agli effetti delle stesse intese e ai presupposti per l’attribuzione di forme di autonomia più ampie, connessi alla determinazione dei Lep.
Tra i principali motivi di illegittimità, si denuncia “che la legge consente una devoluzione di competenze alle Regioni così ampia ed incontrollata, anche in materie riguardanti diritti fondamentali e servizi di civiltà – come la sanità, la scuola pubblica, la previdenza integrativa, la protezione civile – da minare la stessa sovranità dello Stato e rompere l’unità nazionale e l’eguaglianza dei cittadini delle diverse aree del Paese. Si rileva che, come autorevolmente affermato dal vice presidente emerito della Corte Costituzionale, prof. Paolo Maddalena, la legge costituisce ‘un enorme pericolo per l’unità giuridica e economica dell’Italia“.
Il ricorso fa inoltre presente “che il ruolo del parlamento, unico garante dell’unità nazionale e dell’interesse generale, è del tutto svilito, in favore del presidente del consiglio dei ministri, al quale viene affidato in esclusiva il potere di limitare l’oggetto delle intese” e che, “in contrasto con le norme costituzionali, che espressamente subordinano l’autonomia differenziata all’attuazione delle misure perequative previste per il superamento dei divari territoriali e al concreto finanziamento e attuazione dei Lep, la legge contiene mere affermazioni di principio sulla determinazione dei Lep, come confermato dalla espressa previsione di invarianza finanziaria“.
Con il ricorso si denuncia ancora “che le modalità attuative dell’articolo 116, comma 3 della Costituzione adottate dalla legge Calderoli ne tradiscono in realtà lo spirito, in quanto, invece di consentire un decentramento di funzioni in ottica di snellimento e di efficienza, determinano un sistema iniquo, volto a realizzare non un progetto di autonomia, fattispecie lecita, ma più correttamente di secessione, evento illecito, che si colloca fuori dell’ordinamento costituzionale, come efficacemente segnalato in sede di audizione sul disegno di legge dalla professoressa Giovanna De Minico, ordinaria di diritto costituzionale presso l’Università Federico II di Napoli“.
Inoltre con il ricorso si sottolinea che “vi è una gravissima violazione del principi di legalità, in quanto la individuazione dei Lep viene affidata al governo senza predeterminare alcun principio o criterio direttivo, in contrasto con la Costituzione” e “che si affida l’intesa ad una trattativa con il governo, mortificando il ruolo delle Conferenze, in violazione del principio di leale collaborazione e impedendo di verificare le ricadute dei singoli percorsi sull’insieme delle Regioni e su tutta la rete delle autonomie locali“.
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